Dimenticate le immagini del passato: il cascone, gli scafandri, le calzature di piombo, il sistema macchinoso di fili che assicurano una precaria respirazione e il contatto con la superficie. I palombari che da sabato operano al Giglio e che ieri sono entrati in azione per piazzare le cariche esplosive sulla Concordia sono professionisti delle tecnologie, che si avvalgono di strumenti all’avanguardia e hanno un ruolo chiave nei soccorsi in mare. Sono comunemente indicati con l’acronimo del loro comando – Comsubin – e fanno parte a pieno titolo della Marina militare. Il Comsubin, ovvero il Comando subacquei e incursori, anzi, è uno dei reparti d’elite delle Forze armate italiane. Il suo quartier generale, che ha ereditato le tradizioni dei reparti d’assalto della Marina italiana, è a Varignano, nel golfo della Spezia. Il nome ufficiale del reparto è Raggruppamento subacquei ed incursori "Teseo Tesei" (in omaggio a un ufficiale caduto in combattimento durante una missione nel porto di Malta, nel 1941): insieme al Col Moschin dell’Esercito, al Gis dei Carabinieri e agli incursori dell’Aeronautica costituiscono le Forze speciali italiane. Il Comsubin è diviso in due reparti: il Gos (Gruppo operativo subacquei) – una unità di palombari e sommozzatori specializzata, tra l’altro, nella bonifica degli ordigni in mare e in operazioni come quella in corso al Giglio – e il Goi (Gruppo operativo incursori), un gruppo ristretto composto da militari altamente specializzati e addestrati per azioni “commando”, sia a terra che in mare.Ogni incursore, al termine di un lungo iter addestrativo, è brevettato paracadutista, sommozzatore e rocciatore, oltre ad avere una completa conoscenza delle armi più sofisticate e di tutte le tecniche di combattimento, ricerca e soccorso, abbordaggio di navi, liberazione di ostaggi, disinnesco di ordigni. Il continuo addestramento consente al reparto di mantenere sempre elevati standard operativi. All’isola del Giglio i palombari del Gos sono intervenuto ieri per aprire, tramite microcariche esplosive, sette varchi sul lato dritto della Costa Concordia allo scopo di permettere ai sommozzatori di raggiungere parti della nave sommerse e non ancora ispezionate ma anche per creare ulteriori vie di fuga ai soccorritori per l’eventuale abbandono in caso di emergenza. «Abbiamo aperto dei varchi – ha spiegato il sergente palombaro Antonio Ruggieri – nei punti della nave che più di altri ci consentono di entrare ed uscire in sicurezza. Sono state esplosioni controllate, per fare in modo che la nave non subisse delle variazioni che avrebbero potuto comprometterne la stabilità. Le microcariche sono state piazzate sui vetri antisfondamento, a poppa, al centro e a prua della nave. Si tratta di punti in cui, sulla base delle planimetrie a disposizione, è stato valutato più facile entrare».