Da sinistra: Gioachino Gobbi e Luciano Mareliati
“I ghiacciai sono vivi, si muovono. Se l’accelerazione è troppo veloce, come nel caso del Planpincieux, può creare problemi. Ma il paese è sicuro”. Taglia corto, Alex Campedelli, ingegnere di 38 anni e presidente della società delle guide alpine di Courmayeur. I fenomeni in atto sul Monte Bianco, spiega, sono soltanto la conseguenza di un’estate troppo calda, che su un ghiacciaio temperato, cioè con l’acqua che gli scorre sotto, può avere questi effetti. “Si muove da sempre, quest’anno un po’ di più”, aggiunge l’esperto alpinista.
Chi ha visto da vicino i cambiamenti della coltre glaciale negli ultimi anni, è Luciano Mareliati, 72 anni, che da oltre mezzo secolo frequenta la zona come guida alpina. Autore di pubblicazioni sulla storia di Courmayeur e delle sue montagne, fu spettatore dell’enorme frana che si staccò dalla parete Est del Monte Bianco, il 18 gennaio 1996, provocando anche due morti. “Vidi degli enormi blocchi di ghiaccio volare in alto per cinquanta metri”, scrive Mareliati in “Courmayeur nella storia”. Rispetto a quella catastrofe, ciò che sta accadendo oggi alla base della Grandes Jorasses, sottolinea l’anziano alpinista, rientra quasi nella normalità della vita della montagna.
“Quando in Val Ferret i valligiani portavano le mucche al pascolo, nessuno si preoccupava del ghiacciaio, che anche allora si muoveva – racconta Gioachino Gobbi, imprenditore e figlio di Toni, grande alpinista del passato -. Certo, oggi da quelle parti, anziché le mandrie, transitano migliaia di turisti ogni anno e quindi è chiaro che le amministrazioni pubbliche si preoccupino di garantire la loro incolumità. Ma stiamo parlando della possibilità che la frana lambisca un tratto limitato della strada per la Val Ferret, che giustamente è stata chiusa. Ma chi, come noi, vive da sempre in montagna, sa che, prima o poi, la frana si verificherà. Fa parte dell’evoluzione naturale: tutto ciò che sta in alto è destinato a venire giù”.