lunedì 29 luglio 2024
Alle esequie momenti di forte commozione e dolore. L'arcivescovo: occorre intervenire «non solo qui ma in tutte le periferie di Napoli, del Sud, dell'Italia»
Don Battaglia ai funerali per le vittime di Scampia: arginare il crollo sociale

Ansa

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Centinaia di palloncini bianchi e azzurri in volo verso il cielo e l'applauso della folla hanno salutato la fine della cerimonia funebre delle tre vittime del crollo alla Vela Celeste di Scampia: Roberto Abbruzzo, 29 anni, Margherita Della Ragione, 35 e Patrizia Della Ragione, 53 anni. Le esequie sono state celebrate dall'arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, in un clima di forte commozione tra lo strazio dei parenti. Durante il rito quattro persone sono svenute anche a causa del caldo, una donna anziana è stata sottoposta ad un elettrocardiogramma. Alcuni dei parenti delle vittime, a cerimonia conclusa, hanno espresso la loro rabbia per l'accaduto urlando e colpendo le bare con i pugni.

Nell’omelia l’arcivescovo, invitando i governanti a intervenire con azioni concrete, ha parlato, riferendosi al cedimento del ballatoio del condominio, di «un crollo che va ben oltre le macerie di cemento e ferro, che assurge a simbolo di un crollo sociale che deve essere arginato, prevenuto, evitato», con interventi da effettuare «non solo qui ma in tutte le periferie di Napoli, del Sud, dell'Italia».

Nel crollo del ballatoio alla Vela Celeste, oltre alle tre persone morte altre 12 erano rimaste ferite, 7 sono bambine, due delle quali ancora ricoverate in Rianimazione all'ospedale Santobono di Napoli.

Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia di don Mimmo Battaglia.

«Cari fratelli e sorelle,

ci troviamo qui in questa periferia della nostra città, periferia spesso simbolo di tutte le periferie non solo della nostra città ma del nostro paese, periferia che purtroppo oggi diventa il centro dell’attenzione di tutti non per la sua rinascita, ma perché ancora una volta l’odore della morte e della paura pervade le sue vie e i cuori dei suoi abitanti. Gli abitanti di Scampia, che per già molto tempo hanno subito etichette mediatiche frettolose e generalizzanti, che hanno tanto lottato per scrollarsi di dosso un’opinione pubblica che legge le situazioni con una superficialità spesso più attratta dalla decadenza del male che dai tanti segni primaverili di riscatto, oggi si ritrovano qui, insieme all’intera città, per piangere Roberto, Patrizia, Margherita e per pregare per la guarigione di Carmela, Martina, Giuseppe, Luisa, Patrizia, Mya, Anna, Greta, Morena Suamy e Annunziata, vittime di un crollo che va ben oltre le macerie di cemento e ferro, assurgendo a simbolo di un crollo sociale che deve essere arginato, prevenuto, evitato, non solo qui ma in tutte le periferie della nostra città, del nostro Sud, della nostra Italia! Periferie che possono rinascere, che possono diventare simbolo di una resurrezione possibile, come ci insegna proprio la nostra Scampia che, al di là di certe narrazioni parziali e stereotipate, ha saputo sempre rialzarsi, diventando un esempio di autentica resilienza e riscatto, grazie all’onestà e all’impegno di tanti suoi figli e figlie, Chiesa, società civile e istituzioni che, quando si alleano per il bene comune, possono compiere veri e propri miracoli.

Quest’ora però è l’ora del silenzio e della preghiera, l’ora dell’affidamento di queste sorelle e di questi fratelli alla tenerezza di un Dio che non è indifferente al nostro dolore ma che piuttosto ha scavato tra quelle macerie, si è fatto presente attraverso il soccorso dei volontari, della Croce Rossa, della Protezione Civile, dei Medici e degli Infermieri, della Caritas, delle Parrocchie e di tutte le Istituzioni che stanno facendo quanto è possibile per essere vicini alla sofferenza della nostra gente, al dolore di queste famiglie lacerate. Queste vite spezzate, queste storie interrotte sono ora tra le braccia di Dio e dove noi vediamo l’ombra della morte Dio vede la vita, dove noi pronunciamo la parola fine Dio pronuncia la parola inizio, dove per noi cala il sipario sul paesaggio di questo mondo per Dio si spalanca l’orizzonte della vita eterna, di una vita senza fine nel suo amore senza fine.

Afferrati dal dolore e dalla rabbia, oggi, facendo nostre le parole di Marta vorremmo dire a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, nostro fratello Roberto, le nostre sorelle Margherita e Patrizia non sarebbero morti!”. Rimproverando così il Signore per la sua apparente assenza e non prestando attenzione alla promessa che oggi ci dona: “Queste vostre sorelle e questo vostro fratello risorgeranno”. Perché, anche noi, come Marta, pensando alla resurrezione futura, avvertiamo che quel giorno per noi è così lontano, quell’assenza è insopportabile e quell’attesa impossibile: “Si, Signore, sappiamo che risorgeranno, ma quel giorno per noi è troppo lontano e il dolore della mancanza è troppo forte”.

E mentre il nostro discorso si rivolge intimorito ad un futuro distante, Gesù irrompe con un presente che spacca il tempo e annulla le distanze, un presente che afferma una speranza capace di donare luce tra le ombre fitte della morte: “Io sono la risurrezione e la vita”. Lo sono ora, in questo momento, per te, per voi, per tutti. Si, il Signore Gesù è la resurrezione e la vita, il suo Vangelo è la buona notizia da cui ripartire, l’unica speranza che può illuminare la notte del dolore, la bussola che può davvero orientare - non solo Scampia ma tutte le periferie del nostro Sud - verso nuovi orizzonti di rinascita comunitaria, verso un futuro in cui il bene comune diventa un “sistema” di vita capace di rovesciare e sovvertire ogni sistema di morte!

Ecco, oggi il Signore dice ai familiari di Roberto, Patrizia e Margherita e a tutti noi: “Io ci sono, sono con voi, e sono la vita! Sono colui che ha accolto nel suo seno i vostri amati, che non li ha abbandonati nelle mani della morte, che ha raccolto il loro ultimo respiro trasformandolo in un soffio eterno di vita, sono colui che non consente che le loro vite spezzate vengano abbandonate nell’oblio, sono l’Amore che permette al vostro amore di rimanere vivo, intatto, forte, nonostante le distanze e la mancanza”.

Sorelle e fratelli, il nostro dolore e il nostro sgomento, le lacrime di queste famiglie segnate da queste morti assurde e improvvise si mescolano con le lacrime stesse di Gesù. Gesù piange dinanzi alla morte di Lazzaro. Gesù non è impassibile dinanzi al dolore e alla sofferenza dei suoi amici! Si, Dio piange con noi e per noi: siamo noi i suoi amici, Roberto, Patrizia e Margherita sono i suoi amici e Lui non consentirà mai, come non l’ha consentito per Lazzaro, che la morte li strappi via. Vedete, il contrario della morte, il suo opposto, il suo vero nemico non è la vita ma l'amore. Perché l'amore, come ci ricorda il Cantico dei Cantici, è più forte della morte. E nell’amore, nell’amore di Dio, tutti potremmo sempre ritrovarci, ricomponendo i legami, assottigliando l’udito, aguzzando la vista per imparare ad ascoltare e vedere coloro che abbiamo amato e che, custoditi dalla tenera mano di Dio, ci sono accanto sempre, seppur in un modo diverso e nuovo. Dalle lacrime di Dio impariamo il cuore di Dio. Il perché della nostra risurrezione sta in questo amore fino al pianto. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati.

Carissimi familiari di Roberto, Patrizia, Margherita, so bene che il vostro dolore è immenso e proprio per questo vorrei che sentiste la vostra comunità, la nostra Chiesa napoletana, vicina al vostro cuore ferito, pronta a portare con voi questa croce e a starvi accanto. Siamo con voi, disposti a condividere il vostro dolore e sostenervi con la forza della fede condivisa in Colui nel quale i vostri cari vivono e grazie al quale vi sono e vi saranno accanto per sempre!

Cari fratelli e sorelle in questa giornata di dolore non manchi però la preghiera incessante per i feriti ricoverati all’Ospedale del Mare, al Cardarelli e per i piccoli e le piccole ricoverate al Santobono: preghiamo per la loro guarigione e manifestiamo il nostro affetto e la nostra vicinanza concreta e fattiva ai loro familiari che vivono ore difficili ed estenuanti!

Che da questa nostra assemblea attraversata dal dolore, si innalzi un’invocazione al Cielo affinché lo Spirito dell’Amore, lo Spirito del Risorto soffi ancor più forte sulle nostre ferite, sulle ferite di chi ha perso una persona cara, di chi teme di perderla, di chi è stato costretto ad abbandonare la propria casa!

Venga Signore il tuo Spirito e soffi la tua consolazione sui cuori lacerati dei familiari e degli amici di Roberto, Margherita e Patrizia, accarezzi il loro dolore, accompagni i loro passi in questo tempo difficile abitato dall’assenza e dalla mancanza, sussurri al loro intimo la certezza della vita che non muore, allontani da loro la tentazione della disperazione e doni alla loro anima la capacità di sentire che il legame che li univa ai propri cari non è stato interrotto ma trasformato!

Venga Signore il tuo Spirito e soffi il tuo conforto sui feriti, sui loro familiari, sui medici e sugli infermieri che se ne prendono cura! Sia la loro forza in questo tempo di veglia e di cura, alimenti la lampada della loro speranza e faccia sentire loro l’affetto e la solidarietà della comunità cristiana e dell’intera famiglia di Napoli!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle strade di Scampia, dove in queste ore gli sfollati camminano tra timori e speranze, dove tante persone costrette alla precarietà portano il peso di giorni difficili, dove tante famiglie lottano per un domani migliore, per un presente e un futuro abitato dalla giustizia e dalla pace!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele della nostra città, non su quelle di ferro e cemento deteriorate dal tempo e dall’incuria, ma su quelle vive, quelle fatte di carne, su quelle che oggi più che mai devono essere dispiegate, su quelle che raccontano un passato di dolore e di lotta, e la cui stoffa lascia intravedere il colore della resilienza, della forza di chi non si arrende, della tenacia di chi spera ancora nel domani, della fede evangelica di chi trova bellezza anche nelle sue cicatrici!

Venga il tuo Spirito e soffi su chi ha il compito di governare e amministrare il bene comune, affinché attraverso politiche di risanamento e di inclusione, possa rispondere con azioni concrete e immediate alle vite segnate dalla sofferenza, perché la politica è autentica se fa sua l’etica della cura, e solo la cura può trasformare il dolore in speranza, la sfiducia dei singoli in un nuovo slancio comunitario!

Venga il tuo Spirito e sospinga le nostre barche alla deriva, i tanti battelli marginali che navigano ancora tra mille tempeste e anelano un porto in cui sentirsi al sicuro, soffi sulle vele spiegate dei tanti marinai i cui volti e i cui nomi sono sconosciuti ai potenti di questo mondo ma non al Signore!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele di chi naviga controcorrente, bramando una città più giusta e accogliente, una città davvero solidale in cui nessuno riesca a dormire sereno se un solo bambino rischia la vita per il semplice fatto di abitare in una casa degradata di un edificio degradato, una città in cui nessuno si tiri fuori dall’esigenza di solidarietà e prossimità se una parte della comunità vive nel disagio e nella precarietà!

Venga il tuo Spirito e faccia risorgere da queste macerie e da questo dolore una comunità più giusta, in cui sia per sempre abbattuto quel muro invisibile che divide i figli di questa città, che separa le tante Napoli che si sfiorano senza mai incontrarsi!

Venga il tuo Spirito e soffi sulle vele della nostra anima, sospinga al largo la nostra amata Napoli, conforti ogni suo dolore, fasci le sue ferite e la conduca verso il porto sicuro della giustizia, della solidarietà e della pace!

Venga il tuo Spirito e ci convinca nell’intimo che la morte non è la fine di tutto, anche se fa male, e che la vita umana non finisce mai sotto una tomba.

Roberto, Patrizia, Margherita, noi vi prendiamo per mano e vi accompagniamo con la preghiera, l’unica cosa a noi possibile e concessa, nel melodioso e aureo silenzio dell’eternità, fonte inesauribile di speranza. E questa preghiera ci fa sentire la vostra vicinanza in quell’ovunque senza tempo né spazio né distanza.

E continuerete a suggerirci che non bisogna mai rassegnarsi, mai darsi per vinti, che la vita va vissuta con dignità e con coraggio, e che la speranza non deve morire mai. C’è una fessura aperta sull’oltre, su ciò che dura al di là del tramonto del giorno: credere nella resurrezione è sapere che il nostro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia e vissuto per sempre; che il nostro lottare non è inutile; che non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza. Che nessuna lacrima andrà perduta, mai.

Ci aiuti il Signore a far risorgere ogni giorno, ogni ora la speranza. E a vivere da risorti. Dalla parte della vita. Dalla parte della giustizia. Nella luce della resurrezione».

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