venerdì 24 gennaio 2020
Pronto un attentato contro il magistrato protagonista della lotta alla ’ndrangheta: protezione rafforzata L’intercettazione risale al 2018, ma ora tutti i clan calabresi sarebbero coalizzati
Altre minacce di morte per i procuratore Gratteri

Ansa

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«Un morto che cammina » come lo erano Falcone e Borsellino. Questa la frase intercettata nel gennaio 2018 che già allora risuonava come una vera e propria minaccia nei confronti del procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri. Parole che risuonano oggi e che sono filtrate ufficialmente, portando a un potenziamento del livello di protezione intorno al magistrato che ha ordinato l’ultimo grande blitz contro la ’ndrangheta.

La decisione sarebbe stata presa nel corso dell’ultima riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza svoltasi in prefettura a Catanzaro alla quale, tra gli altri, hanno preso parte il prefetto Francesca Ferrandino, il questore Amalia Di Ruocco e e le forze dell’ordine. Un incontro i cui contenuti sarebbero secretati ma che non lascerebbe dubbi circa la preoccupazione di un possibile attentato contro il procuratore che negli ultimi mesi ha inflitto duri colpi alla criminalità calabrese.

Notizie, non confermate ufficialmente circolate in queste ore, infatti, vorrebbero i clan calabresi coalizzati contro il magistrato che da trent’anni vive sotto scorta. Una situazione che preoccupa non poco gli inquirenti, al punto che al termine del vertice in Prefettura si è deciso di potenziare i dispositivi di sicurezza per Gratteri, non solo aumentando i sistemi di sorveglianza ma rafforzandoli anche da un punto di vista logistico con l’invio da parte del ministero dell’Interno di nuove macchine blindate e corazzate in caso di attentati con bombe. Inoltre, sarebbero state sostituite le 'normali' finestre dell’ufficio del procuratore con quelle blindate.

Contestualmente, sono state annullate tutte le iniziative pubbliche alle quali il magistrato avrebbe dovuto presenziare come fa da anni per smuovere le coscienze e sollecitare quello scatto di dignità che, in queste ultime settimane, dopo l’operazione 'Rinascita Scott', aveva portato in piazza prima a Vibo Valentia e poi a Catanzaro, davanti alla Procura, migliaia di persone. È una battaglia che da un lato ha portato tantissimi attestati di solidarietà nei confronti di Gratteri, anche se non sono mancati attacchi portati a segno anche sui social, da parte di alcuni esponenti politici cui, nelle ore seguenti, si sono aggiunti rappresentanti della stessa magistratura catanzarese. Un segnale che, probabilmente, le cosche hanno letto come un elemento di debolezza, di cui poter approfittare, al punto che avrebbero assoldato dei sicari fornendo loro armi da guerra ad alto potenziale.

Così a poche ore dalla manifestazione di piazza durante la quale, sotto le finestre del suo ufficio, i calabresi, tra cui molti studenti, hanno voluto far sentire tutta la loro vicinanza al magistrato, si è reso necessario innalzare il livello di sicurezza. Quella dell’allarme per la vita di Gratteri e della sua scorta è una notizia che giunge a poche ore dall’apertura dei seggi. In Calabria, infatti, domenica si vota per il rinnovo del Consiglio regionale. Una questione, quella del controllo del voto da parte delle ’ndrine che Gratteri ha più volte denunciato, dicendo che negli ultimi vent’anni il rapporto si sarebbe capovolto: fino a 25 anni fa, secondo il procuratore di Catanzaro, erano gli ’ndranghetisti a contattare i politici, mentre oggi sarebbero i politici a chiamare gli ’ndranghetisti per avere pacchetti di voti in cambio di appalti.

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