lunedì 19 gennaio 2015
Le due cooperanti chiedono scusa per il dolore provocato. «Non lo rifaremmo». I contatti italo-siriani delle due prima di partire: inacettabile la marchiatura, governo ha permesso fuga di notizie.  
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Adesso Vanessa e Greta cercano tranquillità, anche se le polemiche sul pagamento di un riscatto per liberarle dai loro sequestratori in Siria, dove sono state prigioniere dal 31 luglio a giovedì scorso, non accennano a placarsi. Ieri Greta Ramelli, appena arrivata a casa a Gavirate, nel Varesotto, ha chiesto scusa. Oggi lo ha fatto anche Vanessa Marzullo, da Verdello in provincia di Bergamo. "Ovvio che abbiamo chiesto scusa - ha detto -. Greta ha detto le parole perfette: ci dispiace per il dolore che abbiamo causato". Però, ed è un però importante che risponde a tante critiche sulla loro decisione di andare come cooperanti nella Siria dilaniata dalla guerra civile, "non siamo responsabili del nostro rapimento. Siamo state chiuse per cinque mesi e mezzo" in vari rifugi. Nei primi tempi, ha raccontato, ci sono state minacce di morte. E anche se non hanno subito violenze, la paura di non farcela c'era. Per questo c'è qualcosa che non rifarebbe. Anche se non dice cosa. Nella prigionia "l'unico conforto" è stato essere insieme. "Ci siamo supportate a vicenda", ha aggiunto Greta, che ha passato la nottata a parlare con il fratello e oggi è stata con parenti e amici. "Dal primo secondo all'ultimo - ha raccontato Vanessa - eravamo mano nella mano". Da quando hanno lasciato Roma, le due ragazze non si sono più viste "ed è difficile stare lontano". La prima sera a casa si sono sentite al telefono per darsi la buona notte. Non si sa se hanno parlato dei titoli di giornali, delle dichiarazioni, di chi si scandalizza per l'eventuale riscatto, delle illazioni - "da ridere" secondo papà Salvatore - sui loro presunti rapporti con i terroristi. A proposito di riscatto, il Codacons ha presentato un esposto alla Corte dei Conti, perché accerti se c'è stato un danno erariale. E il presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre (Pd), ha proposto per chi va nelle zone di guerra un via libera preventivo da parte delle autorità italiane, altrimenti si potrebbero prevedere delle sanzioni. A difendere le due cooperanti è stata Laura Boldrini, che prima di essere eletta presidente della Camera è stata portavoce dell'alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati. "Ritengo che ci siano alcune polemiche veramente inaccettabili, insopportabili e non degne di considerazione - ha detto -. La solidarietà è un valore fondante anche nella nostra Costituzione". Secondo la presidente della Camera, "bisogna apprezzare lo slancio" di Greta e Vanessa anche se in contesti difficili "bisogna essere prudenti, bisogna avvertire le autorità dell'ambasciata, bisogna sapersi muovere". "Ma in passato - ha aggiunto - si è visto come anche le persone più esperte possono essere oggetto di sequestro". E per salvarle si paga un riscatto.A ricordarlo è stato il deputato Ncd Fabrizio Cicchitto. "Anche il governo Berlusconi fece gli stessi tipi di interventi per salvare Luciana Sgrena, e Calipari morì per questo, e le due Simona, quindi - ha osservato - su questo terreno le polemiche di parte sono inaccettabile esercizio di ipocrisia se si pensa a come erano formati e quali maggioranze avevano i governi Berlusconi". Per ora, le due giovani cooperanti non hanno alcuna intenzione di tornare in Siria: "continueremo ad aiutare da qua - ha assicurato Vanessa -. Non dimentichiamo che c'è un massacro in corso". "Non ci arrendiamo - le ha fatto eco Greta - adesso purtroppo le cose sono andate così ma il bene va fatto e le ingiustizie vanno combattute"Le accuse alla 'rete'. Non ci stanno ad essere bollati come integralisti, parte di una 'rete' bolognese che in modo più o meno clandestino avrebbe aiutato Greta Ramelli e Vanessa Marzullo a raggiungere la Siria. E chi da anni li conosce li difende: come il sindaco di Budrio, il paese del Bolognese dove abita uno di loro, o il giornalista Amedeo Ricucci. Per i tre siriani citati in notizie di stampa che riprendono una informativa del Ros parla soprattutto il più anziano, il medico Nabil Al Muredden: "Noi se qualcuno chiede di aiutarlo a favore del popolo siriano siamo disponibili, però di fare altre cose assolutamente no. Ma che veniamo accusati o marchiati di essere integralisti questa è una cosa inaccettabile". È stupito per la fuga di notizie. "Dobbiamo denunciare chi ha scritto queste cose. E possiamo arrivare al governo, perché la sicurezza che fa scappare queste cose...". E ricorda: "siamo anche italiani, non siamo solo di origine siriana. Ho la cittadinanza italiana. Sono in Italia da 55 anni". Ricorda di essere presidente dell'associazione della Comunità araba siriana in Italia e che per il suo ruolo è stato "citato in una conversazione tra il presidente regionale degli arabi siriani in Italia, Yasser Tayeb, e le due cooperanti". E le ragazze avevano contattato Tayeb, spiega, solo perché "avevano della roba da donare a scopo umanitario in Siria e lo hanno chiamato per avere dei contatti"."Sono segreti della sicurezza italiana che scappano fuori e vengono pubblicati senza nessun timore. La cosa della telefonata, quelle sono cose segrete. Come hanno fatto ad uscire dal controllo della sicurezza e andare in mano a giornalisti, secondo me anche un po' maleducati: non solo hanno trasmesso questa chiamata, ma anche hanno commentato malamente", aggiunge il medico, spiegando che nei giorni precedenti non era stato contattato da nessuno per eventuali verifiche. Dobbiamo denunciare questo giornale, e anche chi l'ha scritto. E possiamo arrivare al governo, perché la sicurezza chefa scappare queste cose qui fuori...", aggiunge, spiegando di riferirsi a chi ha consentito la fuga di notizie.
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