venerdì 10 ottobre 2014
Pendenti oltre 4,6 milioni di cause civili. Servono 2.648 giorni per il primo grado. Impietoso il rapporto del Consiglio d’Europa, che però promuove i tribunali per le dotazioni informatiche.
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Abbiamo i tribunali più informatizzati d’Europa, ma da noi i processi durano più che in tutti gli altri Paesi. È il paradosso della giustizia italiana, messo in luce dal quinto rapporto della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej), reso noto ieri dal Consiglio d’Europa. Alla fine del 2012 (anno di riferimento dell’indagine), l’Italia era lo Stato con più processi penali pendenti (ben 1.454.452) e il secondo, dopo la Germania, per numero di cause civili in attesa di giudizio (4.650.566). Tra i casi analizzati dagli esperti europei, spiccano i 2.648 giorni necessari per ottenere un giudizio di primo grado per bancarotta e i 770 giorni per una causa di divorzio. In questo caso, però, la responsabilità della lentezza delle pratiche è dovuta anche alla legge che, per esempio, non contempla lo strumento della mediazione familiare obbligatoria. Se ci fosse, come dimostra l’esperienza di tanti mediatori familiari, molte cause si risolverebbero con la riconciliazione e non arriverebbero davanti al giudice.Bocciata in efficienza, la nostra macchina giudiziaria è invece promossa in tecnologia. Secondo il dossier del Consiglio d’Europa, l’Italia ha raggiunto un livello di eccellenza nell’uso dell’informatica nei tribunali e ha migliorato il proprio punteggio rispetto alla precedente valutazione. Dai dati del quinto rapporto Cepej risulta che tutti i giudici hanno a disposizione hardware e software atti a facilitare il lavoro. Inoltre tutti i tribunali italiani sono forniti di un sistema elettronico di registrazione dei casi e di un sistema di gestione finanziaria.Nel 2012 non era stata invece estesa a tutti i tribunali la possibilità di utilizzare le videoconferenze durante i processi o per comunicare con le parti, presente comunque in più del 50% delle corti. E restava da completare anche l’introduzione di tutti i sistemi di comunicazione tra i tribunali e le parti in causa, come per esempio siti web, formulari elettronici o possibilità di vedere online lo stato di avanzamento di una causa.Il rapporto analizza inoltre la presenza delle donne nell’amministrazione giudiziaria. Il dato più evidente è la massiccia componente femminile (superiore a quella degli uomini) tra i giudici di primo grado, mentre cala drasticamente ai livelli più alti. In Italia, si legge nel rapporto, le donne hanno superato gli uomini tra i giudici di primo grado, sono quasi in numero pari nelle corti d’appello mentre restano ancora la minoranza nelle più alte istanze. Sotto questo aspetto, non va meglio nemmeno negli altri Stati. Secondo il Consiglio d’Europa, la crescita delle “quote rosa” nella giustizia è un fenomeno che si va espandendo nella maggior parte dei Paesi, ma non per quanto riguarda, appunto, i gradi più alti.L’Italia ha, infine, anche un ultimo primato: quello dei magistrati più pagati. Secondo il dossier un giudice di Cassazione, a fine carriera, guadagna 97.833 euro netti all’anno, quasi il doppio della media europea (52.780 euro) e più di tutti tra i magistrati dei paesi Ue. Guadagnano di più solo i giudici di ultima istanza di tre paesi membri del Consiglio d’Europa (ma non dell’Ue): Svizzera, Norvegia e Principato di Monaco.
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