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La questione del finanziamento pubblico per la sanità accende il dibattito politico da mesi. Preoccupano la difficoltà delle Regioni a garantire un’adeguata qualità dei servizi, la mancata erogazione da parte del Governo dei “ristori Covid” e l’assenza del tema “sanità” dall’agenda dell’Esecutivo. A fotografare un quadro sanitario allarmante nel nostro Paese è la Fondazione Gimbe. Secondo Nino Cartabellotta, presidente dell’organizzazione, il Servizio sanitario nazionale di oggi si fonda su «infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria e rinuncia alle cure». Situazione che Gimbe ha analizzato confrontando i dati italiani con quelli dei Paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), di cui l’Italia è membro.
Spesa sanitaria pubblica in percentuale del Pil e pro-capite
Nel 2022, l’Italia ha speso il 6,8% del Pil nella sanità pubblica, percentuale inferiore sia alla media Ocse che a quella europea (entrambe del 7,1%). Stesso discorso per la spesa pro-capite, che lo scorso anno in Italia ha raggiunto quota 3.255 dollari. Il nostro Paese è 16esimo per spesa pro-capite tra gli Stati europei dell’Ocse, con un gap di 47,6 miliardi di euro. Questo divario si è gradualmente amplificato a partire dal 2010, a causa dei tagli e, soprattutto, della pandemia. Durante l’emergenza Covid, nonostante l’aumento degli investimenti nella sanità pubblica, l’Italia è rimasta sotto la media del continente. Nel 2020, infatti, la spesa pro-capite si attesta a 2.850 dollari nel nostro Paese, 659 in meno della media europea.
Italia fanalino di coda del G7
Anche il confronto con i Paesi del G7 non regge, soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008. 15 anni fa, la spesa pubblica pro-capite era compresa tra i 2.000 e i 3.500 dollari a seconda dello Stato, con l’Italia in ultima posizione insieme al Giappone. Dal 2008 al 2022, il trend degli altri Paesi del G7 ha subito una crescita più o meno significativa, con la Germania che ha più che raddoppiato la spesa sfiorando i 7.000 dollari pro-capite. L’andamento dell’Italia, invece, è rimasto piatto, passando dai 2.000 dollari del 2008 ai soli 3.255 dollari dello scorso anno. Un gap che continua ad ampliarsi anche dopo la pandemia: dal 2019, la spesa sanitaria pubblica italiana è aumentata di 625 dollari, quasi la metà di quella francese ($1.197) e meno della metà di quella tedesca ($1.540).
Cartabellotta: a rischio il diritto alla tutela della salute
Causa principale di questo profondo divario è la «miopia della politica degli ultimi vent’anni, che ha tagliato e/o non investito in sanità ignorando - a differenza di altri Paesi - che il grado di salute e benessere della popolazione condizionano la crescita del PIL», ha affermato Cartabellotta. «La sanità pubblica è una priorità su cui investire continuamente e non un costo da tagliare ripetutamente», ha ribadito il presidente di Gimbe, sottolineando l’urgenza di «invertire la rotta» già con la prossima Legge di Bilancio. «Altrimenti», ha dichiarato, «sarà l’addio al diritto costituzionale alla tutela della salute».