martedì 17 settembre 2024
La prima visita del premier inglese in Italia non ha convinto molto i laburisti confermando lo scollamento nella sinistra britannica
Meloni e Starmer a Roma

Meloni e Starmer a Roma - ANSA

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La prima visita del premier Keir Starmer in Italia non ha convinto molto i laburisti confermando lo scollamento nella sinistra britannica. Alla vigilia della partenza, domenica, all’interno del partito arrivato al governo del Regno Unito poco più di due mesi fa, sono circolate pesanti critiche: «Non è bello – è il senso delle invettive - che vada a prendere lezioni da un governo neofascista».

A infastidire sin da subito è stato il «grande interesse» dichiarato senza mezzi termini dallo stesso leader laburista, verso la via albanese alla gestione dell’immigrazione italiana. Nodo particolarmente delicato per il nuovo inquilino di Downing Street, pressato dai continui sbarchi di migranti irregolari attraverso il Canale della Manica. I laburisti non hanno digerito il fatto che Starmer sia andato a Roma, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a esplorare soluzioni che somigliano molto a quel controverso “piano Ruanda” di stampo Tory rottamato a governo appena insediato.

«L’ultima cosa di cui c'è bisogno è un altro esecutivo che persegua piani per evitare di adempiere agli obblighi in materia di rifugiati - ha punzecchiato una nota di Amnesty International Uk -. Il Regno Unito non dovrebbe scaricare le proprie responsabilità né sull'Albania, né sul Ruanda, né su altri Paesi».

La dichiarazione congiunta Starmer-Meloni diffusa al termine dell’incontro bilaterale è piuttosto generica. Parla di «rafforzamento della cooperazione» nella lotta al traffico degli esseri umani «con particolare attenzione alla dimensione giudiziaria» e al «partenariato con gli Stati di origine e transito».

Dicono di più le parole, di cui dovrà dar conto al partito che è prossimo a inaugurare una burrascosa convention annuale, con cui il premier ha lasciato Palazzo Chigi: « È stata una giornata molto produttiva, un ritorno al pragmatismo britannico».

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