L'uso del telefonino dovrebbe rassicurare i genitori che potrebbero controllare meglio il rientro a casa dei propri figli durante le notti d'estate o semplicemente accertarsi che stiano bene. Potrebbero: il condizionale è d'obbligo, almeno stando ai risultati di un sondaggio condotto dalla Leone Master School, scuola di formazione, su un campione di 2mila genitori. Il 41% delle mamme e dei papà intervistati, infatti, spiega che i propri figli non rispondono mai al telefono, hanno oscurato l'ultimo accesso su WhatsApp e la suoneria sempre silenziata.
Fra vita notturna e viaggi all'estero, il rapporto diventa più complicato. Lo svela un sondaggio condotto su 2mila genitori. Ecco i consigli di uno psicologo per attenuare le ansie
«È mezz’ora che lo chiamo, possibile non che senta mai il telefono? Eppure ha sempre il cellulare fra le mani!». «Non è che gli è accaduto qualcosa?». Sono alcuni degli inevitabili interrogativi che attanagliano i genitori di questi tempi. «Molti ragazzi -spiega Roberto Ausilio, psicologo della Salute e psicoterapeuta - escogitano dei sistemi per non farsi controllare sui social o telefonicamente, nel tentativo di prendere autonomia e a volte per desiderio di trasgressione. La cosa importante è che il genitore stabilisca a priori, soprattutto in caso di partenza per le vacanze, alcune regole di base: una chiamata al giorno in orario serale, in modo da rendere tranquilli tutti, a patto però che, se questo è l'accordo, le telefonate o i messaggi non siano eccessivi, lasciando lo spazio al figlio per sperimentare la lontananza da casa».
Poi ci sono le notti con rientro all'alba, ma anche i viaggi all'estero. Un altro aspetto che rende critico, in questo periodo, il rapporto con i figli. Il 29% dei genitori intervistati dice che la lontananza crea stress e aumenta le preoccupazioni: «Essere un po' in ansia -continua Ausilio- è assolutamente normale. La cosa più utile è spiegare cosa si prova senza però scaricare le proprie frustrazioni. Anzi, occorre che il genitore, nonostante tutto, dimostri la propria fiducia sulle capacità del figlio di cavarsela. L'ansia insomma va gestita, riconosciuta e canalizzata. Un aiuto possibile potrebbe essere che, per un determinato lasso temporale come ad esempio il periodo di un viaggio, i ragazzi rendano visibile i loro accessi alla messaggistica telefonica». E, a proposito di ansia, eccone un'altra: la vita notturna, al di là dell'orario di rientro, preoccupa. Il 21% degli intervistati ha timore delle risse/aggressioni e dell'eccessivo uso di alcool: «Gli orari di rientro devono essere chiari, così come i comportamenti che un genitore si aspetta dal proprio figlio. Sono utili frasi del tipo: "Mi aspetto che rientri massimo alle ore 2 e che se dovessi fare ritardo, per qualsiasi motivo, mi avvisi". Per i comportamenti in gruppo si possono usare espressioni del tipo: "Mi aspetto che, prima di fare qualcosa insieme agli altri, ti chieda: lo farei se fossi da solo?"».
Senza dimenticare lo studio per i ragazzi rimandati. Una croce per il 9% dei genitori intervistati: in questo caso occorre utilizzare domande funzionali a far riflettere il ragazzo sulle conseguenze del suo comportamento. Il rapporto coi figli insomma, conclude Ausilio, «è la conseguenza di milioni di interazioni ripetute. È fuorviante pensare che ci sia un unico comportamento giusto o miracoloso. Occorre, come genitori, impegnarci a migliorare ogni giorno, con una adeguata formazione e dandoci la possibilità anche di sbagliare, creando pian piano un rapporto di fiducia e di rispetto reciproco. Così come è giusto che i ragazzi abbiano i loro spazi e le loro libertà, è altrettanto vero che i ragazzi imparino a gestire i propri spazi, rispettando le preoccupazioni dei propri genitori. Preoccupazioni che però non devono sconfinare in un eccessivo controllo».
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