venerdì 13 maggio 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
Che si debba considerare un’emergenza non ci sono dubbi. Non tanto per i numeri, ma per la drammaticità di ogni singolo caso. Le separazioni che portano all’allontanamento dei figli dalla tutela dei genitori sono spesso storie di violenze domestiche, di abusi, malattie mentali, dipendenze da alcol e sostanze stupefacenti. È in questi casi che il giudice dispone che il minore venga tolto alla potestà di madri e padri e affidato ai Servizi sociali.Statisticamente gli episodi di affido sono contenuti: non più di dieci casi all’anno secondo le indicazioni fornite dal Tribunale ordinario di Milano. Ma vanno considerate un po’ come la punta dell’iceberg di una realtà dalle dimensioni significative e allarmanti. Il numero dei minori coinvolti in separazioni o divorzi conflittuali ha superato i 100mila in Italia nel 2010, 15mila nel capoluogo lombardo e ogni anno aumenta. Metà di questi bambini sono contesi. L’affidamento del minore ai Servizi sociali nelle separazioni conflittuali resta una soluzione che merita quindi grande attenzione per tutti i soggetti coinvolti e che comporta la necessità di attivare una rete di collaborazione sempre più strutturata ed efficace fra il mondo giuridico e quello psicosociale.Collaborare, appunto. Con questo obiettivo si sono recentemente confrontati avvocati, magistrati, mediatori familiari e operatori psicosociali, in occasione di un seminario promosso a Milano dall’associazione GeA-Genitori Ancora, che dal 1987 organizza incontri e iniziative sul tema della mediazione familiare. La prima indicazione emersa dall’incontro è che il campanello d’allarme può suonare presto: quando i bambini assistono alle discussioni violente dei genitori, quando vengono svegliati nel cuore della notte o ancora quando si trovano a dover leggere le lettere che la mamma o il papà scrivono agli avvocati. In molti casi la situazione di conflittualità è invece subito talmente grave da comportare l’allontanamento dei figli dalla tutela di mamme e papà: «In questi casi – chiarisce Paola Ortolan magistrato della sezione IX del Tribunale di Milano – disponiamo l’incarico della relazione ai Servizi sociali che ha il compito di vigilare sulle relazioni familiari». La misura, che dura in media 4 anni, non dev’essere intesa come punitiva: «È semmai di sostegno e a volte di riequilibrio dei ruoli genitoriali che si sono indeboliti a seguito delle contese di coppia e di gravi problemi personali». E, ciò che più conta, è bene per il figlio.E la mediazione familiare? «Quella dovrebbe venire prima, nella fase precoce della separazione», spiega Laura Cosulich, psicologa e mediatrice familiare GeA. Sancita dalla legge, entrata in vigore proprio pochi giorni fa e offerta gratuitamente in tutti i consultori familiari, la mediazione prevede che gli ex coniugi si incontrino regolarmente alla presenza del mediatore che ha il compito di facilitare la comunicazione e la decisione su tutte le questioni che la coppia stessa ritiene cruciali. Obiettivo: condividere i figli, e non contenderseli. Manca ancora però, come osserva Costanza Marzotto, docente e mediatrice familiare presso il Servizio di psicologia per la coppia e la famiglia dell’Università Cattolica di Milano, «una cultura di rete: avvocati, giudici e assistenti sociali devono condividere la necessità di avviare interventi finalizzati alla continuità dei legami con entrambi i genitori». I quali devono riacquistare fiducia e complicità nel loro ruolo educativo: «Perché anche i separati – assicura la Marzotto – hanno la competenza per dialogare sui propri figli. E possono continuare a essere genitori sufficientemente buoni».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: