Quando si parla di "sanità privata" si pensa a un servizio per malati benestanti, disposti a versare fior di quattrini pur di assicurarsi le cure migliori. Esistono invece numerosi istituti socio-sanitari di ispirazione cristiana, in genere di medie dimensioni, fortemente specializzati, convenzionati con il servizio sanitario nazionale – e quindi alla portata di tutti – che offrono prestazioni di ottima qualità e fanno ricerca scientifica ad altissimo livello. Sul piano nazionale li riunisce l’Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari). Con l’Istituto Medea di Bosisio Parini, inizia il nostro viaggio in questa "sanità d’eccellenza".
Per Claudio, scrivere è una sofferenza. Di fronte al foglio bianco pensieri e segni proprio non vogliono incontrarsi. In quell’istante, il suo quoziente intellettivo segna 52; la media, cento, resta un miraggio. Il corpo calloso, che dovrebbe collegare gli emisferi cerebrali, in questo ragazzone è diviso dalla nascita e le funzioni logiche sono irrimediabilmente compromesse, ma se gli chiedi di esprimersi con un disegno ecco che il Q. I. balza a quota 124. Fare di Claudio un abile artigiano del legno, abbattendo le mura invisibili del ' cervello diviso', all’Istituto Eugenio Medea è costato decine di migliaia di euro, l’utilizzo di tecnologie sofisticate e anni di lavoro con i migliori neuropsichiatri. Eppure i suoi genitori non hanno pagato neppure il ticket. «Anch’io sono qui perché mi hanno detto che il reparto di riabilitazione neuro-oncologica della dottoressa Poggi è uno dei più avanzati in Europa e anch’io per Valeria non ho pagato un euro» ci racconta Anna, una giovane mamma calabrese, che in una sera di autunno ha lasciato la Sila per sconfiggere il tumore della figlia tredicenne. Di drammi a lieto fine come questi se ne incontrano a centinaia nei padiglioni del Medea, l’unico Irccs riconosciuto per la ricerca e la riabilitazione nell’età evolutiva.
Centro di riferimento a livello nazionale. Siamo in una fabbrica di eccellenza sanitaria, venuta su tra le manifatture dei ' cumenda' brianzoli. Francamente, a percorrere questi vialetti, coronati dalle Alpi, si potrebbe pensare di trovarsi in una clinica svizzera per bambini ricchi. Del resto, il nome del Medea appare sulle riviste scientifiche più prestigiose e in numerosi programmi di ricerca internazionali. In questi anni, i suoi neuropsichiatri hanno fatto luce sull’origine genetica della dislessia (i risultati sono sul Journal of Medical Genetics), la genetista Maria Teresa Bassi sta lavorando sul gene responsabile di una forma di SLA ad esordio precoce (se ne è occupato Brain) e il laboratorio di bioinformatica va a caccia di 'somiglianze' tra il nostro Dna e quello dei nostri antenati nella catena evolutiva L’osmosi continua tra ricerca e terapia riabilitativa - siamo in un Irccs, finanziato dallo Stato proprio perché contribuisce al miglioramento del servizio sanitario nazionale - ha fatto di questo istituto privato il centro di riferimento nazionale per diverse patologie infantili, comprese le paralisi cerebrali che colpiscono due neonati su mille, senza mai mettere in discussione il profilo pubblico del servizio che viene offerto: per essere curati al Medea è sufficiente la prescrizione del medico e tutte le spese sono coperte dal rimborso regionale, secondo le tariffe di legge. Anche quelle di Paola, che ha la «malattia delle ossa di vetro » ed è come una statuetta in biscuit: basta il minimo urto e le sue braccia, le sue mani, le sue gambe si spezzano. «L’osteogenesi imperfetta è una malattia genetica, noi non possiamo guarirla ma curarne alcuni aspetti con ausili e fisioterapia» spiega il primario di riabilitazione funzionale, Anna Carla Turconi. Lavora qui da 32 anni e ha portato a quota 70% l’indice di attrazione del reparto, uno dei parametri in base al quale si assegnano i finanziamenti agli Irccs.
Scienza e tecnica gesti di carità. La storia di questo istituto spiega come la sanità cattolica convenzionata continui a svolgere la propria missione sociale a dispetto di riforme sanitarie e crisi finanziarie. «L’assistenza dei disabili - ricorda il direttore operativo Carla Andreotti ha costi elevati perché impone un approccio polispecialistico; noi abbiamo sempre fatto la nostra parte offrendo un servizio di qualità ma temiamo che i tagli della sanità possano creare pericolosi ' buchi'. Gli stessi corsi scolastici che integrano la riabilitazione al Medea sono a rischio». L’Istituto è la sezione scientifica dell’Associazione Nostra Famiglia, che è l’opera delle Piccole Apostole della Carità, fondate dal beato Luigi Monza. Dietro il vetro e l’acciaio dei padiglioni stile Renzo Piano e sotto gli orsetti e i leoni di carta che pendono dal soffitto, si respira ancora il loro apostolato, che si è sintonizzato sui segni dei tempi senza perdere il carisma originario. Il beato Monza era uno di quei preti ambrosiani che 'sentivano' i bisogni della povera gente perché solo così, usava ripetere, si è «sacerdote secondo il cuore di Dio » ; ma don Monza era anche un prete moderno, che vedeva «scienza e tecnica al servizio della carità» e sosteneva che «il bene va fatto bene». Insomma, l’eccellenza ante litteram, sicuramente prima che la riforma del ’92 facesse di questo concetto la stella polare per Irccs e ospedali in cerca di rimborsi e convenzioni. Il primo ' contratto' con lo Stato nel campo della riabilitazione lo firmò proprio la Nostra Famiglia nel lontano ’ 54: oggi gestisce 35 sedi in otto regioni ( i centri più importanti si trovano Domenico Galbiati a Bosisio Parini, Conegliano, S.Vito al Tagliamento e Ostuni), dà lavoro a duemila operatori e serve ventimila pazienti all’anno. « Il nostro indice di eccellenza - sostiene il presidente del Medea, Domenico Galbiati - sono i progressi dei ragazzi e la riconoscenza delle famiglie. I primi, qualche volta, possono apparire impercettibili, ma la seconda commuoverebbe chiunque». Per rendersene conto basta incrociare lo sguardo delle mamme che arrivano dall’Istituto dei Tumori o dalle terapie intensive dei diversi ospedali, non solo lombardi. Medici ed educatori, psicologi e maestri - l’istruzione fa parte della terapia e i pazienti del Medea offre corsi dalla materna alla scuola di formazione professionale - applicano gli insegnamenti di don Monza: un approccio globale alla persona umana, lavoro di équipe, percorsi personalizzati e ruolo centrale della famiglia e dei servizi territoriali. Nessuno, però, s’illude: la riabilitazione dei disabili è una trincea difficile e non è un caso che, tra i privati, solo i cattolici vi investano così pesantemente.
«La nostra attività beneficio per la società». «Noi affrontiamo patologie complesse e ingrate - conferma il presidente del Medea - che richiedono finanziamenti ingenti e promettono di non avere mai, o quasi mai, un risultato certo, prevedibile né definitivo». Il che significa, in termini di politica sanitaria, rivoltare un coltello nella piaga della crisi. Galbiati, da ex deputato, sa che soldi e consenso si 'contano' anche quando si parla di salute e che in tempi di vacche magre il rischio che le cure per i disabili vengano reputate un lusso è alto. Occuparsi di psicopatologia dello sviluppo o di neuroriabilitazione e neuropsichiatria dell’età evolutiva, 'aggiustare' cioè le capacità motorie e cognitive che derivino da lesioni congenite o provocate da eventi traumatici significa promettere dei progressi visibili solo attraverso la lente del tempo: mesi, più facilmente anni. «Il nostro obiettivo non è la restitutio ad integrum commenta Galbiati - e questo approccio può deludere i fautori di una sanità funzionale all’assetto produttivo della società». Il primario di neuropsichiatra infantile Renato Borgatti sa bene che i suoi pazienti non guariranno dalla sindrome di Williams, provocata dalla rottura di un cro- mosoma: « Ma un ragazzo Down lasciato a se stesso puntualizza - può trasformarsi in un soggetto psicotico da assistere per tutta la vita, quindi la nostra attività conduce a un beneficio per il paziente e la sua famiglia ma anche, in prospettiva, a un risparmio per la collettività ». Nel suo reparto il tasso di occupazione dei letti accreditati, coperti dal rimborso regionale, si avvicina al 100%, mentre in molte neuropsichiatrie pubbliche non arriva al 65 - ma l’atmosfera che si respira non è quella delle economie a tutti i costi. Né sarebbe possibile, dovendosi misurare, appunto, con patologie 'ingrate'. Il reparto di psicopatologia dell’età evolutiva è diventato un centro di riferimento per l’autismo, 150 casi all’anno, uno ogni mille abitanti nel bacino d’utenza (Milano, Como, Lecco, Bergamo). « La diagnosi deve avvenire prima del terzo anno d’età e la collaborazione con i pediatri è determinante » spiega il primario Massimo Molteni, che è anche direttore sanitario del Medea. Curare un bimbo autistico è una faticaccia, ammette lo specialista, perché « questa patologia impone il rispetto dei tempi del paziente e malgrado i nostri sforzi è difficile oggettivizzare il comportamento umano. Il problema si riflette anche sulla percezione che si ha di queste malattie: poiché non si muore di autismo, la politica fatica a capire che una terapia psichiatrica non è meno doverosa di una terapia oncologica ». Questa fatica si ritrova tra le pieghe del bilancio: ogni giorno di ricovero per autismo viene rimborsato dalla Regione Lombardia con 270 euro, ma il solo test di genetica, che in taluni casi è indispensabile per la diagnosi, ne costa 1600.