giovedì 9 ottobre 2014
​​I legali dell'ex governatore veneto: "non ce la faceva più a stare in carcere". La proposta è una condanna a due anni e 10 mesi oltre alla confisca di 2,6 milioni.
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U​n altro round a favore della Procura di Venezia nell'inchiesta Mose. Anche Giancarlo Galan, come già una ventina di indagati, alla fine ha chiesto e ottenuto il sì dei pm al patteggiamento, per chiudere i conti con la giustizia. Due anni e 10 mesi la proposta dei suoi legali, definita "congrua" dall'accusa, oltre alla confisca di beni per 2,6 milioni di euro. Oggi il gip ha dato il via libera all'accordo concedendogli i domiciliari a Villa Rodella, la residenza padronale sui Colli Euganei dove Galan vive con la famiglia. L'ex ministro di Forza Italia è uscito stamattina dal centro medico del carcere di Opera dal 22 luglio. Ma i suoi problemi clinici - fu ricoverato per una tromboflebite dopo una frattura e altri scompensi cardiaci - sono ormai risolti. I medici avevano dato il benestare al rientro nel normale circuito penitenziario. Il rischio per l'ex Doge era di finire in una cella normale. La Procura, inoltre, era pronta a chiedere per lui il processo immediato, saltando l'udienza preliminare che avrebbe bloccato la scadenza (21 ottobre) dei termini di custodia cautelare.    Sulla mossa del patteggiamento pesa il passo fatto due giorni fa da un altro uomo chiave nell'inchiesta: il commercialista di fiducia di Galan, Paolo Venuti, che dopo le ammissioni fatte ai Pm ha lasciato il carcere, dov'era dal 4 giugno scorso, ottenendo l'ok al patteggiamento. Venuti avrebbe ammesso d'essere stato il prestanome del Doge per alcune operazioni finanziarie in Italia e all'estero nelle quali, secondo la Procura, sarebbero nascosti i soldi dell'affaire Mose. Finora ufficio dei Gip e Pm hanno sempre lavorato in piena sintonia di vedute. Chi ha parlato e ha fatto ammissioni è stato ammesso al patteggiamento, uscendo dal carcere. In cella resta solo l'ex braccio destro in Regione, l'assessore Renato Chisso - coinvolto tra l'altro nella nuova inchiesta aperta ieri a Venezia su politica e malaffare per illecita gestione di fondi pubblici - Chisso finora non ha ammesso alcunchè. Sarà interrogato nuovamente domani nel carcere di Pisa. Dopo la svolta di Galan, potrebbe cambiare anche la sua linea di difesa. Un Giancarlo Galan che esce di scena con due anni e 10 mesi di pena può tuttavia non essere una sconfitta per la difesa dell'ex governatore. Rispetto alla montagna di contestazioni su cui la Procura appoggiava l'accusa di corruzione, per denaro versatogli da Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita, i legali avevano battuto un colpo a loro favore quando il Riesame - pur bocciando il ricorso per la remissione in libertà - aveva tolto di dosso al politico un bel pò di zavorra. Era stata infatti annullata parte dell'ordinanza del Gip per i fatti riferiti al periodo antecedente il 22 luglio 2008, ed erano così caduti, perchè prescritti, i reati relativi ai finanziamenti illeciti per le campagne elettorali, così come la mazzetta da 200mila euro versata nel 2005 all'hotel Santa Chiara a Venezia, e anche i finanziamenti per la ristrutturazione di Villa Rodella. A conti fatti, insomma, un patteggiamento a poco meno di tre anni può essere una decorosa uscita di scena per l'indagato di maggior spicco dell'inchiesta Mose. Per i suoi legali Galan ha accettato "l'inaccettabile perché non ce la faceva più a rimanere imprigionato". Lo affermano gli avvocati Niccolò Ghedini e Antonio Franchini, ai quali sono stati necessari otto giorni di trattativa per raggiungere con i magistrati della Procura di Venezia l'accordo che ha permesso al parlamentare di lasciare il carcere di Opera e raggiungere i domiciliari nella sua Casa di Cinto Euganeo. Il collegio difensivo di Galan infatti ribadisce di aver "operato in considerazione delle gravi condizioni generali del proprio cliente" dimagrito di 22 chili in due mesi, e presenta "spunti depressivi sì da determinare la necessità di visita psichiatrica".
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