mercoledì 7 settembre 2011
Il vescovo di Brescia Monari: salutiamo un cristiano sincero che ha trovato la sua vocazione autentica nell'impegno politico. Al rito funebre, con la moglie e il fratello Franco, tanti amministratori e politici.
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Una delle pagine più belle del Vangelo, pronunciata nel giorno dell’ultimo saluto a Mino Martinazzoli, nel duomo di Brescia, sembra illuminarne l’esistenza terrena appena conclusa. E offrire, al tempo stesso, il senso della croce, «destino possibile e addirittura probabile» per ogni buon cristiano. E quindi anche per chi ha in mente una politica alta. Il Vangelo delle Beatitudini è un conforto ma chiama anche alla prova: «Beati i miti... quelli che hanno fame e sete della giustizia... beati i puri di cuore... gli operatori di pace». Parole forse non troppo di moda, tra gli attuali colleghi di Martinazzoli. Che lascia «un’eredità nobile» da «conservare e arricchire», spiega nell’omelia il vescovo di Brescia Luciano Monari.C’è commozione quando il feretro dell’ex leader Dc scomparso domenica, coperto da un cuscino di fiori donato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lascia la camera ardente allestita a Palazzo Loggia. «...Così semplicemente, brescianamente, grazie», dice Adriano Paroli, sindaco di Brescia, usando le stesse parole che Martinazzoli pronunciò per salutare Giovanni Paolo II in visita a Brescia nel 1998. «Brescia ti ringrazia, Brescia ti saluta», aggiunge.Poi la bara entra in cattedrale. Un lungo applauso saluta Martinazzoli. In prima fila, nella chiesa gremita, la moglie, il fratello Franco e il braccio destro Gianbattista Groli. Con loro, amministratori, politici, gente comune. Numerose le personalità politiche arrivate anche da Roma, tra cui Pier Luigi Bersani, Rosy Bindi, Enrico Letta, Pier Ferdinando Casini, Marco Follini, Gerardo Bianco, Dario Franceschini.«Salutiamo un cristiano sincero, che ha trovato la sua vocazione nell’impegno politico», afferma il vescovo Monari. Torna alle Beatitudini, il presule; «una parola che Martinazzoli conosceva bene, che ha mosso e illuminato la sua attività». Il vescovo non vuole parlare di politica ma di «umanità, di un uomo degno della sua intelligenza, della sua libertà e delle sue aspirazioni; e sono convinto che questo uomo si riflette meglio nella semplicità delle beatitudini che nella tortuosità della furbizia politica». Del resto, prosegue il pastore, «un politico diventa politico autentico quando impara a distinguere il bene di tutti dal bene personale e dal vantaggio della sua parte politica; e diventa politico buono quando sa scegliere ciò che è bene per il Paese anche se questo va contro la convenienza personale e del suo partito».«A me sembra – evidenzia Monari in uno dei passaggi più significativi dell’omelia – che la Parola di Dio, parlando dell’integrità dell’uomo, dello stile del cristiano, dell’amore come motivazione suprema di un credente, abbia fatto il ritratto più bello di Martinazzoli... Sono stato colpito soprattutto dal suo desiderio di coinvolgere i giovani in un cammino di impegno politico o di responsabilità sociale». Da qui l’invito del presule a «diventare responsabili verso le generazioni future, cosa che non abbiamo fatto negli ultimi decenni. I giovani hanno bisogno di persone credibili che li stimolino, che facciano loro intravedere la possibilità e la bellezza di una politica fatta di intelligenza, di sincerità, di coerenza, di passione per l’uomo». Proprio come quella interpretata da Martinazzoli, ricordato ieri da un pensionato di Vignate (Milano), che non lo ha mai conosciuto e che ha esposto un cartello con al scritta: «Imploriamo la Provvidenza che sostituisca la sua assenza».La salma di Martinazzoli riposa a Caionvico, alle porte di Brescia, dove il politico ha trascorso gli ultimi anni di vita.
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