L'attentato al centro anziani del 16 gennaio - Ansa
Ci fermiamo, guardiamo intorno, le undici di sera, periferia. Ormai qui se non è psicosi, manca poco. Un botto. Neanche troppo forte. Meno d’un petardo, magari avanzato da Capodanno. È che nel Foggiano la gente ha paura. Mentre si gioca una specie di partita a scacchi, a tratti sanguinosa, che sarà complicata e lunga. Da una parte la Procura, la Dda di Bari e la Prefettura, che stanno muovendosi d’amore e d’accordo, dall’altra le mafie del capoluogo e in provincia (terza d’Italia come estensione). Cioè le tre "batterie" della "società foggiana" in città e dintorni, la mafia di Cerignola, la mafia garganica. Nel mezzo, la gente appunto. Ma anche il mondo imprenditoriale, le istituzioni e quell’«area grigia» – come la chiama la Dia – dove «mafiosi, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione» fanno merenda insieme.
Contano sulla violenza e soprattutto sull’omertà, quasi granitica, figlia della paura di cui sopra. Tranne rare eccezioni, difficile che qualcuno veda, senta, parli. Molti sono disposti a raccontarti, specie incontrandoci fuori dalla città, ma solo confidenzialmente e senza nomi. Ultima annotazione, chi è reclutato dalla malavita, pure per bassa manovalanza, non può lasciare. Chi ha provato, pochissimi, s’è amaramente pentito...
Sono stati via via i colpi dello Stato a far male e aver cambiato certe carte in tavola da un po’ di tempo. Gli ultimi due sono degli ultimi due giorni. Uno assestato dal Prefetto di Foggia, Raffaele Grassi: «Le attività commerciali e imprenditoriali non devono avere condizionamenti mafiosi. È necessaria una libertà di impresa vera e pulita» e insieme «bisogna che le organizzazioni criminali non penetrino nei settori dell’amministrazione pubblica», ha spiegato, dopo aver emesso dieci interdittive antimafia (le ennesime) nei confronti d’altrettante aziende del Foggiano, comprese alcune di Manfredonia e Cerignola, i cui rispettivi comuni sono stati sciolti quattro mesi fa per infiltrazioni mafiose.
L’altro colpo è stato interforze, Carabinieri, Polizia Finanza, Polizia locale e i "Cacciatori di Puglia" (squadrone eliportato dell’Arma, qui dal settembre 2018, dopo quelli omologhi in Sardegna, Calabria e Sicilia). Hanno setacciato un palazzone, ben noto a Foggia, trovando armi, droghe, una lanciarazzi e un “kit rapina” già bell’e confezionato: due pistole, due passamontagna, abiti e proiettili calibro 9, tipici delle mafie locali, specie la garganica.
A proposito. Adesso la situazione meno esplosiva è a Cerignola, dove la mafia occupa e controlla il territorio, che ha solo capo, va e viene da Milano (dove deve curare anche altri "interessi"), decide, tiene a bada con le buone o le cattive. Per adesso allora non scorre sangue, in un "equilibrio", magari non saldissimo, che tiene. E non per quiete vivere. Qualsiasi malavitoso sa che una luce troppo vivida di riflettori, mediatici e giudiziari, gli causerà grossi guai (vedi proprio Foggia).
La mafia garganica, poi, come detto. Fortemente instabile e sempre pronta a sparare, è dilaniata da faide interne, rischia di cancellarsi da sola. Infine le "batterie" mafiose, come accennato, a Foggia e dintorni, quelle appena venute alla ribalta. Negli ultimi mesi, i loro ripetuti «assalti» – la definizione è del capo della Dda barese, Giuseppe Volpe – sono però reazione scomposta, conseguenza di debolezza e paura. Si stanno rimodulando, vanno ridisegnando i loro assetti. Però, duramente colpite, accusano la botta e reagiscono come sono capaci, tritolo e piombo. Tanto più che per non pestarsi i piedi hanno fatto accordi tra loro, ma vacillano, qualche cosca è stata mezza decapitata e qualche cane sciolto si muove per conto suo. Mentre affari leciti e illeciti si sovrappongono e contaminano sempre più.
Sono diventate mafie d’affari. Tutte, oltre che provare a infiltrare ogni appalto possibile (dall’edilizia ai rifiuti), si occupano però di droghe e armi, d’infiltrare gli appalti, di usura, gioco d’azzardo, rapine (con specializzazione dei "cerignolani" nel prendere di mira tir e portavalori). Poi ci sono le estorsioni, che meritano una spiegazione a parte. Perché i proventi di queste servono soprattutto a pagare gli "stipendi" per le famiglie di chi è in galera e le spese legali.