Protagonista il mare. Il mare che ha la forza silenziosa ma costante di spostare un colosso mortalmente ferito come la Concordia, costringendo nella notte i soccorritori a riemergere e interrompere le ricerche per tutta la giornata. Il mare che, nelle calette deserte di fronte alla nave, lontano dagli occhi di tutti, insacca segnali di vita interrotta di colpo. Due penne. Un cuscino. Una cassapanca surreale. Appoggiata sullo scoglio, integra, ultimo relitto di un lusso naufragato, si staglia quasi altera sull’azzurro del mare come se qualcuno l’avesse messa lì per sedersi e osservare un panorama mozzafiato. Sullo schienale, intagliata nel legno ancora lucido, la scritta: Costa Concordia. E soprattutto il mare che ieri ha «parlato» ai familiari dei dispersi: è nelle sue acque che hanno voluto gettare fiori, è guardando nelle sue profondità che hanno implorato, come si fa su una tomba. «Portatemi sulla nave dov’era la mia bambina», ha chiesto la mamma di Dayana, la bimba di Rimini, sparita nel nulla a cinque anni insieme a suo padre. Le hanno spiegato che non era possibile, troppo pericoloso, così ha voluto percorrere il molo di Giglio Porto fino in fondo, il più vicino possibile al relitto, per fare ciò per cui era venuta: «La voglio chiamare». A bordo di una motovedetta, poi, i genitori di Erika Soriamelina, la giovane cameriera peruviana della Costa Crociere, insieme ai parenti di alcune vittime francesi, sono arrivati sotto la Concordia per una silenziosa preghiera che, per la prima volta, sa di rassegnazione.Fino a oggi nessuno ha mai parlato di «vittime», sempre di dispersi, non di ricerche ma di «soccorsi», come a non voler ammettere che l’incubo è diventato realtà. Ma ormai nessuno pensa più che nella nave ci sia ancora vita, «anche fossero sopravvissuti in una bolla d’aria o in una delle migliaia di cabine, sarebbero morti assiderati», ripetono tutti a bassa voce a una settimana esatta dal naufragio. Chi resiste sono le squadre di soccorritori – Protezione civile, Guardia costiera, Marina, Carabinieri, Forestale, Soccorso alpino speleologico subacqueo, Fiamme Gialle, Polizia, Croce Rossa e Misericordie – per i quali la speranza di salvare una vita è forza motrice oltre ogni stanchezza, e soprattutto i familiari, che non si decidono a ripartire senza i loro cari, vivi o morti. Non a caso, però, iniziano a tornare a casa gli speleosub del Soccorso alpino, espertissimi nell’immergersi in acque particolarmente buie e pericolose ma anche formati nel soccorso medicalizzato: di loro c’è bisogno quando si cercano ancora superstiti.Se la nave è un dedalo infinito, resta però il mistero delle persone che si sono gettate in acqua ma delle quali non c’è traccia: «La notte stessa dell’incidente – spiega Rodolfo Raiteri, responsabile delle operazioni subacquee della Guardia Costiera – due elicotteri hanno scandagliato la superficie del mare con i raggi infrarossi, ma non hanno individuato nessun naufrago. Qui ci sono correnti fortissime: l’altro giorno eravamo sulla lancia a motori spenti e in pochi minuti ci siamo trovati a mezzo miglio di distanza. Potrebbero essere già chissà dove».Comunque si continua a cercare (in serata la nave è stata giudicata sufficientemente stabile e nella parte emersa i lavori sono ripresi), mentre l’allarme ambientale diventa sempre più un incubo e nuove barriere di galleggianti vengono distese tutto attorno alla nave. Durerà ancora mesi l’affollamento di tecnici e squadre nella piccola Isola del Giglio, il cui sindaco ieri con un’ordinanza ha costretto tutte le strutture «alla riapertura immediata e alla comunicazione tempestiva alla Protezione civile dei posti letto per garantirne l’assegnazione con precedenza alle persone impegnate nelle operazioni di soccorso».Intanto la roccia sotto la nave dà preoccupanti segni di cedimento e l’occhio dei radar continua giorno e notte a monitorare la situazione, controllando che la Concordia non acceleri la sua lenta discesa verso la fossa profonda 80 metri, nella quale potrebbe addirittura spezzarsi. E morire definitivamente in un’emorragia di nero gasolio. Per evitare il disastro ieri è spuntata anche l’ipotesi di “agganciare” il relitto alla costa. «Abbiamo chiesto alla compagnia di predisporre tutte le iniziative possibili per poter ancorare la nave, anche se tecnicamente è un’operazione molto complessa», ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini durante l’informativa del governo sul naufragio. A questo scopo un robot subacqueo teleguidato verrà immerso già oggi vicino alla nave per l’analisi del fondale. L’operazione è necessaria per capire se sia possibile ancorare il relitto e impedirne l’inabissamento.