giovedì 16 settembre 2021
Una tragedia che non conosce tregua. Dall'inizio dell'anno oltre 50 donne sono state uccise da partner o ex partner. Nel 2020 è quasi raddoppiato il numero di chiamate al numero 1522
1 di 10

Anna Cupelloni, Dorjana Cerqueni, Alessandra Zorzin, Sonia Lattari, Giuseppina Di Luca, Rita Amenze, Angelica Salis, Ada Rotini, Chiara Ugolini. I nomi delle vittime di femminicidio del solo mese di settembre raccontano una realtà che nel nostro Paese non conosce tregue. Qualcuna viene aggredita in casa, qualcuna sul luogo di lavoro, qualcuna davanti ai figli. Nel 2021 sono state uccise 83 donne, di cui 51 vittime di partner o ex partner.

Tante storie diverse, tanti finali drammatici legati da un filo rosso: la parola "femminicidio". L’accademia della Crusca lo definisce come “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale", allo scopo di "perpetuarne la subordinazione della donna e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”. Prendendo in considerazione i soli omicidi di donne compiuti da partner o ex partner, i numeri si mantengono pressoché costanti negli anni: nel 2018 sono stati 75, nel 2019 sono stati 68, nel 2020 sono stati 67.

I tanti casi hanno questo in comune: è sufficiente una richiesta di separazione, un sospetto sulla fedeltà della propria compagna o una lite perché il soggetto predominante, in questi casi quello maschile, si senta legittimato ad agire. Entrano allora in gioco elementi come la brama di possesso, l’impossibilità di accettare un rifiuto o di controllare gli istinti violenti, tipici di quella “ideologia di matrice patriarcale” che è al centro della definizione di “femminicidio”: l’uccisione della vittima ne è una conseguenza. È per questo che l’educazione rimane l’arma principale e necessaria per affrontare il fenomeno in modo strutturale: devono cambiare i presupposti culturali che legittimano la violenza e che la fanno vedere a molti come “normale” o “meritata”.

Nell'ultimo anno e mezzo la situazione è peggiorata anche a causa della pandemia. Per molte donne, i lockdown hanno significato una convivenza forzata prolungata e quindi un pericolo. Il recapito telefonico pubblico a cui ci si può rivolgere in caso di violenze subite o stalking è il 1522. Nel 2020 il numero richieste è quasi raddoppiato rispetto all'anno precedente: da gennaio a ottobre ha raggiunto quota 12.833, contro le 7.526 del 2019.

Per molte donne, un aiuto fondamentale arriva dai centri antiviolenza. Il Dipartimento per le Pari Opportunità del Governo ha attivato un servizio di mappatura dei centri che può essere estremamente utile: si trova qui.

1 di 10
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI