Microcredito e fondi di solidarietà in forte ascesa. Sono i nuovi strumenti di finanza etica scelti dalle diocesi italiane per aiutare le famiglie in difficoltà, gli immigrati, gli anziani soli, quelle fasce deboli precipitate in poco tempo nella spirale dell’indigenza e che, per la prima volta, affrontano la povertà. Naturalmente non sono mai andati in pensione, gli strumenti tradizionali di carità a livello locale, come i pacchi alimentari, le mense, gli ambulatori e i segretariati sociali, i guardaroba per poveri. Anzi. Ma il ventaglio degli strumenti innovativi di risposta al bisogno creati dalla comunità ecclesiale aumenta in tutta la Penisola. Varia in base alle esigenze dei territori e conserva caratteristiche di fondo: occhio di riguardo verso i nuclei famigliari, niente assistenzialismo e coinvolgimento in rete di istituzioni e società civile, del mondo economico e produttivo, con il valore aggiunto della valorizzazione dei rapporti umani e della dignità umana. Quante diocesi si sono attivate? Nel 2003 erano 117 le Caritas diocesane interessate al microcredito, a sostegno delle famiglie in difficoltà, degli immigrati e nelle regioni colpite da emergenze e calamità naturali. Un monitoraggio ufficiale sul 2008 verrà reso pubblico tra qualche mese dalla Caritas nazionale. «Intanto, con una stima prudente, possiamo dire che oltre il 70% delle nostre diocesi (cioè un terzo in più in 5 anni, ndr) – afferma don Andrea La Regina, responsabile dell’Ufficio Solidarietà sociale della Caritas Italiana – ha dato vita a fondi di solidarietà o di microcredito destinato a sostenere le famiglie in difficoltà o ad avviare piccole realtà produttive da parte di disoccupati, giovani precari o immigrati. Da non dimenticare le fondazioni antiracket e usura. Oltre una trentina, ispirate dalle chiese locali, sono iscritte all’albo nazionale. E altrettante, pur avendo le stesse finalità, agiscono al di fuori dell’albo. In un’ideale cartina dei fondi solidali diocesani, direi che l’Italia è coperta a macchia di leopardo». Le fondazioni pensate per le persone costrette a rivolgersi agli strozzini sono partite addirittura nel 1996. Le prime realtà di microfinanza almeno cinque anni fa. Ma, conferma la Caritas, il boom è dell’ultimo anno. Entro gennaio verranno sotto- scritte altre convenzioni tra diverse Caritas diocesane e Banca Popolare Etica. Lo schema dei fondi di microcredito, ad esempio, prevede che vengano aperti in cooperazione con le banche. Quasi sempre i partner sono Banca popolare Etica, le Banche di credito cooperativo, le fondazioni bancarie nate dalle ex casse di risparmio. In diversi casi operano tutte insieme, dipende dalla grandezza del territorio interessato. La diocesi, attraverso la Caritas, oltre a stanziare danari propri, mette in campo le commissioni sociali che gestiscono l’erogazione del credito. Sono loro a valutare le situazioni effettive di difficoltà finanziarie e ad accompagnare i soggetti nella soluzione dei problemi. «Quello che colpisce – prosegue don La Regina – è la forte richiesta diocesana di microcredito, perché è uno strumento non assistenziale». Il fondo è a rotazione, funziona cioè per un numero limitato di soggetti e viene reintegrato dalla restituzione del prestito che ne consente altri. Un meccanismo efficace, dicono i risultati, funziona da volano e responsabilizza i beneficiari. I tassi non superano il 5% e la percentuale media di chi onora il debito è del 90%. Per le famiglie che, a causa della perdita del lavoro, chiedono aiuto per pagare le spese dell’abitazione (bollette, rate del mutuo, affitto) o devono rientrare da indebitamenti con finanziarie, lo stanziamento varia dai tremila ai cinquemila euro. Tetto che sale a 10 mila euro per chi, italiani e molti immigrati considerati non bancabili, chiede un microcredito per avviare una piccola attività. In questo tessuto si innestano gli ultimi arrivati, i fondi di solidarietà. Dopo l’annuncio, lo scorso 24 dicembre in Duomo a Milano, da parte del Cardinale Tettamanzi, della creazione di un fondo di solidarietà per poveri e senza lavoro, c’è movimento in diverse diocesi. A Bologna si sta preparando un tavolo voluto dal Cardinale Caffarra e le istituzioni. E giovedì scorso la Conferenza episcopale del Triveneto ha diramato una nota in cui chiede alle realtà diocesane di rafforzare i servizi solidali, mentre Caritas e uffici di Pastorale del lavoro sono stati sollecitati dai vescovi, che hanno chiesto loro di stare «pronti ad assumere ulteriori iniziative di condivisione».