lunedì 5 gennaio 2015
​​I controlli della Pefettura di Milano hanno portato all'allontanamento di 68 imprese considerata "poco pulite" dagli appalti.
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​Finora sono 68 le imprese escluse dai lavori dell'Expo per rischio inflitrazioni criminali. Tante sono state le "interdittive" disposte dalla Prefettura di Milano sulle 368 aziende controllate. Calcolatrice alla mano, è 13% del totale: in pratica, significa che le inflitrazioni mafiose hanno riguardato più di un'azienda su 8 tra quelle impegnate nei lavori dell'Esposizione Universale di Milano. Lo scrive il quotidiano "La Repubblica" che in un articolo firmato da Piero Colaprico racconta 5 casi di aziende che fanno parte del "sistema". Una era stata ammessa nelle cosiddetta "white list" ma poi esclusa a causa di un giro di targhe clonate. Un escamotage per subappaltare parte dei lavori ad azienda poco "pulite" e beffare i controlli grazie all'utilizzo di targhe autorizzate su mezzi non autorizzati. I funzionari della Prefettura hanno poi scoperto un altro caso simile: quello di un'azienda amministrata da una donna sposata con un uomo finito in carcere per traffico internazionale di droga ed "allontanata" dai lavori dell'Expo perché il capitale sociale serviva "alle spese legali e al sostentamento dei familiari". ll quotidiano racconta poi il caso di un'impresa che impiegava esclusivamente operai originari di un piccolo centro del crotonese. Dagli accertamenti eseguiti in Corso Monforte è emerso che erano tutti pregiudicati oppure legati "a cosche di grande spessore criminale". Interdittiva anche per un'azienda a conduzione familiare amministrata da un uomo incensurato ma appartenente alla famiglia di un boss "strettamente collegato ai vertici di Cosa Nostra". Infine, la vicenda un'impresa attiva nel settore del movimento terra e amministrata da due fratelli incensurati ma figli di un pluripregiudicato.
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