Finora sono 68 le imprese escluse dai
lavori dell'Expo per rischio inflitrazioni criminali. Tante sono
state le "interdittive" disposte dalla Prefettura di Milano sulle
368 aziende controllate. Calcolatrice alla mano, è 13% del
totale: in pratica, significa che le inflitrazioni mafiose hanno
riguardato più di un'azienda su 8 tra quelle impegnate nei lavori
dell'Esposizione Universale di Milano. Lo scrive il quotidiano
"La Repubblica" che in un articolo firmato da Piero Colaprico
racconta 5 casi di aziende che fanno parte del "sistema".
Una era stata ammessa nelle cosiddetta "white list" ma poi
esclusa a causa di un giro di targhe clonate. Un escamotage per
subappaltare parte dei lavori ad azienda poco "pulite" e beffare
i controlli grazie all'utilizzo di targhe autorizzate su mezzi
non autorizzati. I funzionari della Prefettura hanno poi scoperto
un altro caso simile: quello di un'azienda amministrata da una
donna sposata con un uomo finito in carcere per traffico
internazionale di droga ed "allontanata" dai lavori dell'Expo
perché il capitale sociale serviva "alle spese legali e al
sostentamento dei familiari".
ll quotidiano racconta poi il
caso di un'impresa che impiegava esclusivamente operai originari
di un piccolo centro del crotonese. Dagli accertamenti eseguiti
in Corso Monforte è emerso che erano tutti pregiudicati oppure
legati "a cosche di grande spessore criminale".
Interdittiva anche per un'azienda a conduzione familiare
amministrata da un uomo incensurato ma appartenente alla famiglia
di un boss "strettamente collegato ai vertici di Cosa Nostra".
Infine, la vicenda un'impresa attiva nel settore del movimento
terra e amministrata da due fratelli incensurati ma figli di un
pluripregiudicato.