Un errore è umano. Ci sta. Ma mettere il sistema sanitario nazionale nelle condizioni di ripeterlo, gravandolo con la richiesta di pratiche finora mai sperimentate nelle strutture pubbliche, che richiedono impiego di fondi e personale assenti persino nei pronto soccorso, è irresponsabile. Di mezzo ci sono vite umane, come sempre in sanità, ma quando si parla di fecondazione gli sbagli sono figli. Persi, attesi o viventi. E che nel nostro Paese ora si possono avere anche da terzi, sulla carta una grande conquista di civiltà (pare), salvo poi scaricare sulle responsabilità dei singoli centri e dei singoli medici gli eventuali pasticci non richiesti. Diritti e doveri, c’è chi ha tutto e chi niente.
Eleonora Porcu dirige il Centro di infertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. Standard qualitativi altissimi, gravidanze da provetta ai livelli europei, controllo maniacale del materiale biologico e degli embrioni, seguiti di passaggio in passaggio «con ossessività».
Serve questo, perché non accada quel che è avvenuto al Pertini?Quello che è successo a Roma verrà accertato da chi di dovere. In un centro dove si pratica fecondazione assistita, come in ogni struttura dove si lavora con cellule e tessuti umane, devono vigere determinate normative internazionali. C’è poi quello che fa ciascuno per rendere quel servizio il migliore possibile: noi, per esempio, controlliamo maniacalmente e ad ogni livello l’identità dei pazienti e dei loro gameti, a costo di confrontare e incrociare i loro nominativi centinaia di volte. Quando poi abbiamo in mano gli embrioni, l’attenzione è al massimo. Quello non è semplicemente materiale biologico e la legge 40 ci impone la tutela di tutti i soggetti coinvolti nella fecondazione, compreso il concepito.
Come vi state comportando rispetto alla sentenza della Consulta, che ha fatto cadere il divieto di eterologa? Riceviamo telefonate e mail ogni giorno. A tutte rispondo nello stesso modo: aspettiamo che ci dicano cosa fare. La verità è che non ho la più pallida idea di cosa accadrà. Con le risorse all’osso che abbiamo nei centri pubblici non siamo certo in grado di fare attività aggiuntive. Quelle risorse, anzi, sono insufficienti già per le cose che facciamo a regime di legge 40. Concretamente, questo significa che non possiamo acquistare materiali nuovi, non possiamo avere operatori nuovi. Per garantire un servizio all’altezza degli standard previsti lo sforzo che compiamo e il prezzo personale che paghiamo sono altissimi. Ora, è evidente che nello stato di prostrazione generale del sistema sanitario e in un’organizzazione già di per sé problematica – come ben dimostra il caso avvenuto al Pertini – comportare un ulteriore aggravio a livello di prestazioni, con l’inserimento della fecondazione eterologa (mai praticata nei centri pubblici nemmeno prima del 2004), è uno sbaglio.
Un assist per i centri privati dunque? Dove le coppie pagano comunque però, come per andare all’estero...Senz’altro i centri privati avranno molti meno problemi.
In ogni caso c’è un abisso tra quello che si pretende che i medici facciano e quello potete effettivamente fare. Salvo poi incolpare proprio voi, quando qualcosa va storto…Gli errori, in sanità, ci sono. Ci sono sempre stati. In passato si scambiavano figli, poi le cose sono cambiate per fortuna, ci siamo attrezzati. L’obiettivo di ogni medico è il bene del paziente. Se, nonostante le risorse assenti, io non avessi potuto mantenere lo standard che ho nel mio centro avrei chiuso. Lo rivendico perché ritengo che ci siano centri in Italia che questo standard non lo mantengono e che dovrebbero chiudere. C’è anche un Registro dei centri, ci sono controlli, ma a seguito di quei controlli non ci sono decisioni da parte delle autorità. E il problema di tutto questo è che, medici a parte, le vittime sono proprio i pazienti: le coppie, le donne, i loro figli. Mi spaventa che nel nostro Paese si continui a procedere con ostentate certezze sulle libertà e i diritti degli individui e che non ci siano mai dubbi.
Che dubbi ha lei?Quelli tecnici che ho avanzato. E che per esempio l’eterologa sia un modo di pianificare a tavolino una violazione di un diritto fondamentale dell’uomo: conoscere le proprie origini genetiche. Lo avanzo come un dubbio ma per me, che da sempre inseguo la sfida di una fecondazione assistita a misura d’uomo e a misura dell’umanità di ogni soggetto coinvolto, figlio compreso, è una certezza incrollabile.