venerdì 2 settembre 2011
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Enti locali sul piede di guerra. Comuni, Province e Regioni, fanno fronte unico: sulla stessa trincea protestano contro i tagli i governatori pidiellini Formigoni e Polverini, i sindaci democratici Fassino ed Emiliano con il primo cittadino di Roma Gianni Alemanno, insieme a Giuseppe Castiglione, presidente dell’Unione delle Province, la cui soppressione resta solo un obiettivo futuribile. Fra i più duri il presidente reggente dell’Anci Osvaldo Napoli, che è anche vice capogruppo alla Camera del Pdl. Nella maggioranza, stavolta, non sono teneri nemmeno i governatori leghisti Cota e Zaia. E si intravvede, nella Lega, anche un Roberto Maroni intenzionato a non cedere nella sua battaglia dentro il governo per spalleggiare la protesta degli enti locali. Una posizione, che nel silenzio di voci autorevoli, potrebbe nascondere una nuova levata di scudi del Carroccio in arrivo dopo lo stop sulle pensioni.È un gioco della coperta corta che rischia di strapparsi. Il gettito della Robin tax, quantizzato in un miliardo e ottocento milioni, («ma non c’è certezza di copertura», denuncia Napoli) da un lato non accontenta gli enti locali che si erano visti promettere un dimezzamento dei tagli (da 6 miliardi a 3) e dall’altro mette in allarme gli apparati ministeriali, ai quali in un primo momento era stata destinata metà di questo gettito, prima della formalizzazione dell’emendamento a firma di Giulio Tremonti del relatore Antonio Azzolini, che trasferisce, appunto, tutte le risorse della Robin Tax agli enti locali in rivolta.Tocca al ministro della Difesa Ignazio La Russa aprire l’altro fronte, per la Difesa ma anche per il Viminale: «Se quelle cifre non saranno ripristinate – avverte – sarà difficile andare avanti. Alla fine sono i servizi ai cittadini che si andranno a tagliare, perché il taglio al ministero dell’Interno non significa meno soldi alla burocrazia del Viminale, ma meno sicurezza». E il segnale che arriva, sui tagli ai ministeri, è che sino a 5 miliardi in meno ci si può ancora arrivare, ma con 6 miliardi in meno salta tutto.Sembra il gioco di tutti contro tutti. Tocca al presidente dei governatori Vasco Errani parlare a nome dei presidenti di Regione: «Con questa manovra il federalismo fiscale è morto», tuona il governatore dell’Emilia-Romagna. Gianni Alemanno incontra anche Pierluigi Bersani e finiscono per parlare la stessa lingua: «Il nuovo testo è inaccettabile. No alla fiducia», aggiunge in coro con il segretario del Pd, sperando in correttivi in sede di dibattito parlamentare nel quale può diventare decisivo proprio il ruolo dell’opposizione.Roberto Formigoni continua a dare battaglia: «Sulla manovra dello scorso anno ci abbiamo messo la faccia. Ora non abbiamo più intenzione di mettercela da soli», avverte il governatore della Lombardia dopo l’incontro a palazzo Chigi che evidentemente non ha sciolto per niente i nodi sui tagli «sproporzionati» alle autonomie locali. Al tavolo con i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni e, per il governo c’erano il sottosegretario Gianni Letta e i ministri Roberto Maroni, Raffaele Fitto, Roberto Calderoli e Maurizio Sacconi.«Il sottosegretario Letta ci ha detto che appena il presidente Berlusconi tornerà da Parigi – ieri sera, ndr – lo informerà di questa nostra assoluta difficoltà ad andare avanti», fa sapere Reanta Polverini. Ma a Palazzo Chigi arriva anche il grido di allarme dei ministeri e – sull’una e l’altra vertenza contrapposte – con la "quadra" bossiana che proprio non si trova, cresce nella Lega la tentazione di strappare.
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