sabato 27 agosto 2011
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I nuovi ticket sui farmaci in vigore da lunedì in Emilia Romagna discriminano la famiglia. È questa la conseguenza della strada scelta dalla Regione per fronteggiare i tagli del governo al Fondo sanitario nazionale. Le gabelle sanitarie, che all’ombra della via Emilia non si erano mai viste, verranno modulate su tre fasce di reddito. Chi è attualmente esente, circa il sessanta per cento della popolazione, non subirà comunque i rincari. Per gli altri sarà necessario compilare un modulo di autocertificazione che, almeno per i primi tempi, andrà presentato insieme alle ricette in farmacia. Un provvedimento, quello dell’assessorato alle Politiche per la salute, che sceglie come parametro esclusivamente il reddito familiare lordo (diversamente dalla Toscana che lo ha integrato con il parametro dell’Isee). Non pagheranno i redditi fino a 36.152 euro; fino a 70.000 si pagherà un euro a confezione, due euro fino a 100.000 e tre euro per redditi superiori ai 100.000 euro. Questi ultimi non dovranno fare nulla. Per gli altri invece ci sarà l’obbligo di autocertificare il reddito famigliare lordo. E proprio questo meccanismo avrà conseguenze pesanti sulla famiglia coniugale, un dato che conferma che in Emilia Romagna della famiglia ci si ricorda solo quando è il momento di farla partecipare alle spese. Cerchiamo di spiegare perché. A determinare le fasce in cui si differenziano i ticket è il reddito complessivo lordo del nucleo familiare fiscale. Nucleo formato da marito e moglie e dai familiari, i cui eventuali redditi vanno sommati. In caso di separazione legale dei coniugi, o in generale in caso di convivenza, ognuno certifica il proprio reddito. Che può essere, da solo, basso fino all’esenzione. Una scelta, quella della Regione Emilia Romagna, che sta suscitando polemiche e proteste. «Ci troviamo di fronte – spiegano Angelo Rambaldi e Paolo Giuliani dell’“Officina delle idee” – a provvedimenti che potevano essere pensati, almeno da una Regione come la nostra, con uno spirito di maggiore giustizia. In teoria il tentativo della diversificazione del tributo a secondo del reddito potrebbe essere positivo, se non fosse che nella pratica si scontra contro la prassi dell’evasione tributaria, dietro la quale si celano categorie che denunciano redditi inferiori a un usciere o un insegnante». Ma l’aspetto più grave, aggiungono Rambaldi e Giuliani – «è l’impossibilità, nell’autocertificazione richiesta, di poter fare qualsiasi detrazione. Questo significa penalizzare le famiglie e, anzi, più figli ci sono più l’onere del ticket sale. Arrivando all’ingiustizia che un coppia sposata pagherà più di due conviventi». Cosa si doveva fare? «Si doveva scegliere – proseguono Rambaldi e Giuliani – un meccanismo che prevedesse le detrazioni per i figli e per i coniugi. La giustificazione che i tempi stretti non consentivano alle famiglie di attrezzarsi attraverso l’Isee non giustifica la nostra Regione che così ha creato una grave discriminazione contro le coppie sposate». Altrettanto duro il giudizio del Forum regionale delle associazioni familiari. «Quello della Regione –commenta Ermes Rigon – mi sembra un passo indietro perché non tiene conto della responsabilità di cura delle famiglie». L’Isee, conclude Rigon, «poteva essere un buon correttivo. Ma la questione centrale è che le istituzioni devono rivalutare la famiglia anche sulla base dei figli che ha».
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