Don Paolo dell'Aversana - .
È salito alla casa del Padre, don Paolo Dell’Aversana, uno dei protagonisti della resistenza alla camorra e della rinascita del territorio aversano. Parroco e rettore del santuario della Madonna di Briano, tra Casal di Principe e Villa di Briano, e vicario episcopale della Diocesi di Aversa, aveva 74 anni e ha a lungo lottato con una grave malattia, vissuta con discrezione, sempre attivo fino all’ultimo. Desiderava tanto partecipare alle celebrazioni per il trentesimo anniversario dell’uccisione di don Peppe Diana, il prossimo 19 marzo, e ora lo farà in Cielo, col suo amico. Don Paolo fu tra gli estensori e firmatari, proprio con don Peppe, del famoso documento “In nome del mio popolo non tacerò” che i parroci della Forania di Casal di Principe distribuirono la notte di Natale del 1991 e che tanto disturbò la camorra “casalese”. Un’adesione convinta.
Così dopo la morte violenta di don Peppe, don Paolo ne raccolse il testimone e il santuario diventò il luogo simbolo della resistenza dell’antimafia sociale. Prima sede della Scuola di Pace, poi del Comitato don Peppe Diana, ha ospitato in questi 30 anni incontri, convegni, seminari col mondo associativo, i magistrati di punta nella lotta ai clan, sacerdoti, imprenditori antiracket. Luogo dove i familiari delle vittime della camorra hanno trasformato il loro dolore in memoria condivisa e in impegno. Luogo dove associazioni, parrocchie, gruppi scout, sindacati di tutta l’Italia e anche di altri Paesi, hanno trovato accoglienza in percorsi di memoria per conoscere la storia di don Peppe e i concreti cammini di cambiamento nati e rafforzati dopo la sua morte. Don Paolo lo faceva con convinzione, evitando protagonismi da “prete antimafia”, silenzioso ma concreto, soprattutto con tante iniziative coi giovani. Proprio come aveva fatto il suo amico don Peppe.
Don Paolo era profondamente convinto che uno strumento fondamentale nella lotta alla camorra fosse la cultura, anche quella più semplice e popolare. Così il santuario è stato luogo dove recuperare il teatro anche dialettale, dove riscoprire le feste tradizionali con canti e musiche come le “tamurriate”. Don Paolo era addirittura riuscito a salvare e in parte restaurare centinaia di ex voto dipinti su tavola che rappresentano non solo la sana religiosità popolare ma anche la storia, i costumi, l’economia, la vita del territorio. Davvero un sacerdote “per” più che “anti”. Così come lui scriveva dell’amico don Peppe. «Per amore don Peppino si donava, ogni giorno, senza riserve e senza rinunce e, come il suo Signore, “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine”».
Questo era don Paolo, vero “casalese”, sacerdote e parroco fino all’ultimo. Coerente con quanto scritto con gli altri parroci nel Natale 1991. “Come Chiesa dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”. Così lo ricordano e gli amici e “figli” del Comitato don Peppe Diana. «È stato un nostro compagno di viaggio in tutti questi anni. Don Paolo, uomo mite, ma dalla cultura profonda, ci ha fatto da padre e ci ha accompagnato nel nostro agire, sempre in maniera discreta, ma dispensando consigli utili per rafforzare e radicare la presenza e la cultura antimafia. Buon viaggio caro don Paolo. Non ti dimenticheremo». I funerali saranno celebrati lunedì 18 marzo nella Cattedrale di Aversa.