Lenin vi si lambiccava al punto da intitolare 'Che fare?' la sua opera più importante. Napoleone, al contrario, si faceva guidare dall’istinto e mentre Sieyes, capo del direttorio, rifletteva sul Terzo Stato, lui prese armi e potere… Vai a capire quanto conta davvero il 'programma' in politica; eppure, leggere quello dei candidati a sindaco può aiutare i milanesi: che domenica e lunedì votino per l’Expo e gli asili nido, oppure contro un 'nemico' politico, sfogliando le 31 pagine di Letizia Moratti e le 33 di Giuliano Pisapia si renderanno conto di essere di fronte non solo a due programmi ma a due weltanschauung, due diverse concezioni del mondo. Pisapia (48,04% al primo turno) sogna di costruire una «società plurale e interculturale», ancorata a «eguaglianza e laicità» e alla «democrazia partecipativa» (molti 'tavoli' e diritto di voto agli immigrati) in cui il Comune esercita un ruolo economico, drena risorse ed è «centrale», anzi è «interlocutore principale e prioritario del Terzo Settore e del volontariato» nel sistema dei servizi. Invece, il sindaco uscente Moratti (41,58%) postula l’autonomia di cittadini e associazioni e definisce la sussidiarietà - l’istituzione sta un passo indietro e incoraggia la società civile a gestire i servizi pubblici, spesso con un vantaggio in termini di qualità e di costi - come il proprio «orientamento culturale»: la sua impostazione è quella del liberalismo temperato, che presuppone un intervento dell’ente pubblico limitato tanto quanto limitati devono essere i tributi («non metteremo nuove tasse e intendiamo ridurre le tariffe dei servizi» assicura) e volto a «semplificare la vita ai cittadini e alle imprese». Hanno peso anche i temi della solidarietà e della sicurezza, che nel programma rappresentano gli innesti rispettivamente di cattolici e leghisti. Una tale divaricazione, sia chiaro, non è scontata neppure in un sistema bipolare: a Torino, stesse elezioni e stessi partiti, ma nessun complesso verso il berlusconismo (e l’antiberlusconismo), tutti i candidati hanno fatto a gara per 'assomigliare' a Chiamparino, che aveva governato bene. A Milano, altra storia. Forse perché Arcore è a due passi, la Lega di governo è nata qui (Giunta Formentini, 1993) e il Pd milanese, che non vince un’elezione da anni (Penati in Provincia, 2004), se conquisterà Palazzo Marino dovrà ringraziare Sel, l’anima laicista e radicale della coalizione che ha imposto Pisapia con le primarie. Gli sfidanti al ballottaggio hanno in comune l’estrazione borghese e radici politiche laiche (liberal-democratica lei, radical-socialista lui), quindi il programma diviene uno strumento indispensabile per captare il voto cattolico, decisivo da che il Nuovo polo ha deciso formalmente di non schierarsi. E, si sa, la capitale dei single (50,6%) è anche la sede della diocesi più grande d’Italia: un migliaio di parrocchie, centinaia di scuole paritarie, altrettante Caritas e patronati… Anche per questo stupisce che Pisapia paghi un pedaggio ideologico così pesante ai radicali: li ha assecondati nella campagna pro-eutanasia, ha recepito le loro richieste sulle coppie di fatto e si limita ad affermazioni di principio sull’aborto, dato che su questo punto il suo programma richiama genericamente la «corretta attuazione» della legge 194. Tanta attenzione non trova corrispondenza nei numeri: la lista Bonino piazza in consiglio comunale (e solo in caso di vittoria) un esponente appena, Marco Cappato, mentre un terzo dei nuovi consiglieri comunali del Pd (11 su 29 se vincerà, 6 su 17 se perderà, lista civica compresa) proviene da esperienze ecclesiali. Per l’avvocato ex Prc questa significativa pattuglia di cattolici impegnati rappresenta una risorsa fino al ballottaggio e un problema dal giorno successivo, quando - se vincesse - dovrebbe applicare un programma nato - racconta chi c’era - a prezzo di estenuanti mediazioni. Che non sono bastate a togliere dal terreno tutte le pietre d’inciampo. Il modello di città che il centrosinistra di Pisapia intende realizzare, ad esempio, non privilegia la famiglia costituzionalmente definita, cara ai cattolici: il programma entra in tema con un tono di sufficienza («Si parla di famiglie ma l’evoluzione degli stili di vita ci conferma che esse cambiano»), soffermandosi con enfasi sulla 'città delle donne' che dovrà superare «gli stereotipi di genere». Più avanti scopriamo che si punta a un «forte investimento sugli asili e le scuole per l’infanzia » e a «una politica delle tariffe dei servizi sociali rigorosamente improntata al rapporto reddito/carico familiare» ma che ne beneficeranno «tutte le comunità affettive e di vita», comprese quelle «estranee all’istituto del matrimonio». Saranno riconosciute attraverso il registro delle unioni civili che non sarà «un atto simbolico ma funzionale all’adozione di politiche e atti non discriminatori», a partire dagli orientamenti sessuali. Come dire che l’incontro mondiale delle famiglie, promosso dalla Chiesa a Milano l’anno prossimo, è un ritrovo di nostalgici. «Stiamo lavorando per una Milano più vicina alla famiglia» è invece l’incipit del centrodestra. Fattore famiglia nelle tariffe, apertura di nuovi nidi, conferma del bonus bébé, libri di testo gratuiti per elementari e medie, arriva pure il bonus nonno … La città della Moratti è orientata a sostenere la famiglia basata sul matrimonio, pur non negando aiuti ai genitori soli. Per lei il tema della famiglia fa il paio con quello della piena parità scolastica, mentre Pisapia dichiara il proprio impegno per la scuola statale e comunale e annuncia una «profonda riorganizzazione interna» e una «revisione della politica tariffaria». Le divergenze sono altrettanto forti sulla sicurezza. Pisapia vuole far dimenticare la politica 'repressiva' degli sgomberi impostata dal centrodestra (e cara sia alla Lega sia a settori del Pdl) e poiché «l’immigrazione non è illegalità» propone di trasformare via Padova, una delle arterie in cui si concentrano stranieri e problemi, in un 'laboratorio sociale'. Autorizzerà anche la costruzione di una grande moschea e autorizzerà i Rom ad autocostruirsi le case. La Moratti liquida l’integrazione in 7 righe e dedica un cospicuo capitolo alla sicurezza. Inizia così: «Azzeramento dei campi nomadi irregolari». L’Expo 2015 è l’asso del centrodestra, che promette 61.000 nuovi posti di lavoro e le nuove metropolitane. La grande esposizione non infiamma invece Pisapia, il quale vorrebbe ripensarla secondo gli stilemi della sinistra («Expo innovativa, partecipata e diffusa »): una strana avversione, perché la manifestazione approdò a Milano anche grazie a Romano Prodi. Da un principe del foro ci si sarebbe aspettati piuttosto una requisitoria contro i ritardi. Più complesso, infine, il discorso sul piano di governo del territorio, la grande liberalizzazione urbanistica varata la scorsa estate con il duplice intento di ridisegnare la città e fare cassa. Ora, il centrodestra rilancia con 30.000 alloggi in housing sociale e tanto verde urbano, mentre Pisapia vuole cambiare radicalmente il Pgt, parla di 'recupero' del patrimonio esistente e denuncia «80.000 appartamenti e 900.000 metri quadrati di uffici sfitti e invenduti…». Rivoluzione anche per la mobilità sostenibile: mentre la Moratti innesta la retromarcia sull’ecopass («gratuito per i milanesi») lo sfidante torna su pedaggi di congestione e isole ecologiche.