martedì 20 gennaio 2009
Villari adesso si dice pronto a valutare le dimissioni dopo aver onorato compiti «inderogabili». E resta solo con due colleghi.
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Se il frutto non cade, scuotete l’al­bero. Devono aver pensato così i presidenti dei gruppi parlamenta­ri dei due schieramenti quando ieri han­no prima ventilato e poi annunciato le dimissioni dei componenti della Vigi­lanza. L’annuncio è stato un po’ come l’ultimo segnale lanciato al presidente della Commissione Riccardo Villari, nel­la speranza che considerasse giunto il momento opportuno per lasciare cam­po. Villari ha invece inviato una lettera ai colleghi commissari nella quale si è detto disponibile a «discutere le dimis­sioni » in Commissione, spiegando però che prima «abbiamo degli inderogabili compiti da svolgere». Insomma, prima la nomina dei vertici Rai, poi mi dimet­to. La risposta dei componenti della Vi­gilanza di Pdl e Pd non si è fatta atten­dere: dimissioni di massa. L’imprimatur è giunto subito dopo dal presidente del Senato Renato Schifani: «Abbiamo preso atto delle dimissioni dei componenti della Vigilanza e che i capigruppo non intendono sostituire i dimissionari. La paralisi della Commis­sione è ormai un fatto oggettivo e irre­versibile. È compito dei presidenti di Camera e Senato vigilare e fare in mo­do che le Camere funzionino. Di comu­ne accordo, troveremo una soluzione». A suonare il 'de profundis' per Villari, dopo la lettera nella quale elencava tut­ti gli adempimenti urgenti della Vigi­lanza e annunciava la disponibilità a di­scutere delle sue dimissioni subito do­po, era stato il capogruppo del Pd in Commissione Fabrizio Morri con una dichiarazione che è fin troppo facile de­finire lapidaria: «Discutere? È troppo tar­di. Risparmi l’inchiostro». Meno sintetico ma ugualmente peren­torio il portavoce di Fi Daniele Capez­zone: «È con stupore che leggo l’elenco delle questioni che il Villari vorrebbe fos­sero discusse prima delle sue dimissio­ni: sembra un programma di legislatu­ra. È bene invece che si riparta da capo e senza ulteriori ritardi... La Commis­sione con un nuovo presidente e un rin­novato plenum, risolverà presto i suoi tanti e pressanti compiti». Dal punto di vista procedurale, lo stes­so Morri ha spiegato che dopo le dimis­sioni dei componenti in forza di una norma del regolamento del Senato, che sarà recepita anche dalla Camera, la Vi­gilanza sarà automaticamente sciolta per impossibilità di svolgere le proprie funzioni. A quel punto i presidenti del­le Camere, su segnalazione dei gruppi parlamentari, nomineranno i nuovi commissari, che eleggeranno il nuovo presidente: c’è già un accordo su Sergio Zavoli, sempre che sia ancora disponi­bile ad accettare l’incarico. L’unico problema è che non tutti i com­ponenti della Vigilanza si sono dimessi. Ne restano tre su quaranta: oltre a Villa­ri, il radicale del Pd Marco Beltrandi e Luciano Sardelli dell’Mpa. Non a caso Beltrandi ha ricordato a Schifani che lui non si è dimesso, quindi ha invocato un intervento del Quirinale. Sardelli, più dialogante, ha ironizzato: «Pur di ri­muovere Villari, il duo Veltroni-Letta ar­riverà, di pasticcio in pasticcio, a chie­dere al capo dello Stato lo scioglimento del Parlamento». L’Idv, in particolare Leoluca Orlando, la cui ostinata candi­datura da parte del Pd alla presidenza della Commissione è stata all’origine dell’intera vicenda, ha parlato di «tele­novela » e di «balletto indecoroso». In o­gni caso Antonio Di Pietro ha spiegato che al momento di varare la nuova Com­missione il suo partito non ne rivendi­cherà la presidenza. In serata è arrivato un ulteriore com­mento interlocutorio di Villari: «Una giornata nera per il Parlamento. Non farò da capro espiatorio. Valuterò e ne trarrò le conseguenze». Sintomatico il commento di Roberto Rao dell’Udc, «Speriamo non sia un altro pasticcio da apprendisti stregoni. Nel caso, basta ap­provare il nostro progetto di riforma del­la Commissione per chiudere questa pa­rentesi umiliante per le istituzioni». Il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Riccardo Villari, ha parlato ieri di «giornata nera per il Parlamento e le istituzioni»
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