Se il frutto non cade, scuotete l’albero. Devono aver pensato così i presidenti dei gruppi parlamentari dei due schieramenti quando ieri hanno prima ventilato e poi annunciato le dimissioni dei componenti della Vigilanza. L’annuncio è stato un po’ come l’ultimo segnale lanciato al presidente della Commissione Riccardo Villari, nella speranza che considerasse giunto il momento opportuno per lasciare campo. Villari ha invece inviato una lettera ai colleghi commissari nella quale si è detto disponibile a «discutere le dimissioni » in Commissione, spiegando però che prima «abbiamo degli inderogabili compiti da svolgere». Insomma, prima la nomina dei vertici Rai, poi mi dimetto. La risposta dei componenti della Vigilanza di Pdl e Pd non si è fatta attendere: dimissioni di massa. L’imprimatur è giunto subito dopo dal presidente del Senato Renato Schifani: «Abbiamo preso atto delle dimissioni dei componenti della Vigilanza e che i capigruppo non intendono sostituire i dimissionari. La paralisi della Commissione è ormai un fatto oggettivo e irreversibile. È compito dei presidenti di Camera e Senato vigilare e fare in modo che le Camere funzionino. Di comune accordo, troveremo una soluzione». A suonare il 'de profundis' per Villari, dopo la lettera nella quale elencava tutti gli adempimenti urgenti della Vigilanza e annunciava la disponibilità a discutere delle sue dimissioni subito dopo, era stato il capogruppo del Pd in Commissione Fabrizio Morri con una dichiarazione che è fin troppo facile definire lapidaria: «Discutere? È troppo tardi. Risparmi l’inchiostro». Meno sintetico ma ugualmente perentorio il portavoce di Fi Daniele Capezzone: «È con stupore che leggo l’elenco delle questioni che il Villari vorrebbe fossero discusse prima delle sue dimissioni: sembra un programma di legislatura. È bene invece che si riparta da capo e senza ulteriori ritardi... La Commissione con un nuovo presidente e un rinnovato plenum, risolverà presto i suoi tanti e pressanti compiti». Dal punto di vista procedurale, lo stesso Morri ha spiegato che dopo le dimissioni dei componenti in forza di una norma del regolamento del Senato, che sarà recepita anche dalla Camera, la Vigilanza sarà automaticamente sciolta per impossibilità di svolgere le proprie funzioni. A quel punto i presidenti delle Camere, su segnalazione dei gruppi parlamentari, nomineranno i nuovi commissari, che eleggeranno il nuovo presidente: c’è già un accordo su Sergio Zavoli, sempre che sia ancora disponibile ad accettare l’incarico. L’unico problema è che non tutti i componenti della Vigilanza si sono dimessi. Ne restano tre su quaranta: oltre a Villari, il radicale del Pd Marco Beltrandi e Luciano Sardelli dell’Mpa. Non a caso Beltrandi ha ricordato a Schifani che lui non si è dimesso, quindi ha invocato un intervento del Quirinale. Sardelli, più dialogante, ha ironizzato: «Pur di rimuovere Villari, il duo Veltroni-Letta arriverà, di pasticcio in pasticcio, a chiedere al capo dello Stato lo scioglimento del Parlamento». L’Idv, in particolare Leoluca Orlando, la cui ostinata candidatura da parte del Pd alla presidenza della Commissione è stata all’origine dell’intera vicenda, ha parlato di «telenovela » e di «balletto indecoroso». In ogni caso Antonio Di Pietro ha spiegato che al momento di varare la nuova Commissione il suo partito non ne rivendicherà la presidenza. In serata è arrivato un ulteriore commento interlocutorio di Villari: «Una giornata nera per il Parlamento. Non farò da capro espiatorio. Valuterò e ne trarrò le conseguenze». Sintomatico il commento di Roberto Rao dell’Udc, «Speriamo non sia un altro pasticcio da apprendisti stregoni. Nel caso, basta approvare il nostro progetto di riforma della Commissione per chiudere questa parentesi umiliante per le istituzioni». Il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Riccardo Villari, ha parlato ieri di «giornata nera per il Parlamento e le istituzioni»