Rifiuti incendiati dalla malavita, un pericolo grave per la salute di tutti e per l'ambiente - (Kontrolab)
Allarme ripetuto mille volte e sempre più serio. Il crimine ambientale «si alimenta costantemente grazie all’azione famelica di imprenditori spregiudicati, amministratori pubblici privi di scrupoli e soggetti politici in cerca di consenso, nonché di broker, anche a vocazione internazionale, in grado di interloquire ad ogni livello».
Più chiaro di così, si muore. E lo scrive la “Direzione investigativa antimafia” nel lungo capitolo su “Mafia & rifiuti” della sua ultima relazione, riferita al primo semestre 2019.
«Il crimine ambientale – si legge - è un fenomeno in preoccupante estensione» proprio «perché coinvolge, trasversalmente, interessi diversificati». Le sue conseguenze «interferiscono sull’ambiente e sull’integrità fisica e psichica delle persone, ledendone la qualità della vita, con conseguenti rilevanti costi sociali». Insomma, «la partita in gioco è molto seria» e «riguarda il futuro delle prossime generazioni».
Due fatti contribuiscono parecchio a quella «preoccupante estensione». Uno, (che «nel tempo ha giocato un ruolo importante») è «la minore percezione della pericolosità sociale degli ecoreati». L’altro è quanto sia «evidente che si è ancora lontani dal prendere posizioni forti e decise», diversamente da altri reati «magari di più forte impatto mediatico, ma che comportano un danno sociale non superiore».
Una discarica abusiva - (Kontrolab)
Vale poi sempre – scrive la Dia - il principio degli ultimi sette od otto anni: «Se si attribuisse alla criminalità ambientale unicamente una veste mafiosa, si correrebbe il rischio di distrarre l’attenzione dalla reale essenza del fenomeno». Che è delitto d’impresa assai più che di mafia. Del resto la relazione cita «l’enorme quantitativo di rifiuti sversati illegalmente sul territorio», da Sud a Nord. E come «quasi sempre» nel traffico illegale dei rifiuti «s’intreccino condotte illecite di tutti i soggetti che intervengono nel ciclo, dalla raccolta allo smaltimento. Non solo elementi criminali, ma anche imprenditori e amministratori pubblici privi di scrupoli».
Anzi, giusto «al centro dei traffici» si individuano «aziende che, pur non riconducibili a specifiche consorterie, operano con condotte dolose finalizzate a incrementare i profitti attraverso il fraudolento contenimento dei costi di smaltimento».
Le mafie intanto non rimangono a guardare, né possono rinunciare a una torta tanto grande. Così - spiega sempre la Dia - «una volta acquisita un’autonoma capacità imprenditoriale, si sono proposte esse stesse, con nuove società appositamente costruite, vere e proprie “imprese mafiose” di settore, in grado di gestire ogni aspetto del ciclo dei rifiuti» e «affidate a prestanome».
Anche i molti, troppi incendi di rifiuti, pericolosi e non, rientrano nel gioco sporco. In mezza Italia, ma «soprattutto in Lombardia», il fenomeno è «da ricondursi alla necessità di smaltire grandi quantità di rifiuti da parte di aziende spregiudicate, operanti, in tutto o in parte, abusivamente», si legge nella relazione. Non solo. «Emerge anche l’azione di aziende di settore che, dopo avere acquisito “sottocosto” i rifiuti dalle società di raccolta, li smaltiscono senza il preventivo trattamento, in capannoni abbandonati, poi dati alle fiamme».
Forze dell'ordine in azione per individuare rifiuti tossici in una discarica abusiva - Ansa
Naturalmente sempre «per massimizzare gli introiti» o per «nascondere, attraverso la distruzione degli scarti di lavorazione, produzioni non dichiarate». Cioè in nero. Col risultato che «la vorticosa ripetizione di simili condotte richiede una continua ricerca di capannoni industriali in disuso», al cui interno “stipare” «migliaia di tonnellate di rifiuti di cui disfarsi con ogni mezzo».
Ci pensano a volte anche «imprenditori titolari di impianti autorizzati» a smaltire abusivamente rifiuti «in capannoni dismessi dislocati principalmente in Piemonte, Lombardia e Veneto» e darli poi alle fiamme. Rendendoli «bombe ecologiche, i cui futuri costi di smaltimento ricadranno interamente sulla collettività», sottolinea la Dia.
Soprattutto al Sud, infine, «gli incendi di rifiuti non di rado sono appiccati per agevolare e mantenere la situazione di emergenza che “obbliga” le pubbliche amministrazioni ad intervenire con affidamenti diretti (senza gare d’appalto) o prorogare contratti in scadenza».