sabato 26 aprile 2014
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Tanta, tanta gente. Intorno al Ser­vo di Dio don Tonino Bello «ter­ziario francescano, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo- Terlizzi», com’è scritto sulla sua tomba. Insieme al presidente della Cei e arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagna­sco e al vescovo di Ugento-Santa Ma­ria di Leuca, Vito Angiuli. C’è il sole che illumina l’una e gli altri. Il cielo az­zurro e pulito. Pregano. «Don Tonino è stato come colui che va in cerca del­lo smarrito, che attende fiducioso e vi­gile sulla spiaggia chi approda alla ri­cerca di compagnia, speranza, aiuto», dirà più tardi Bagnasco. E ancora: «'Venite e mangiate', sembra di sentire queste parole salire dal suo cuore di padre e pastore, sono le parole di Cristo e lui le rinnova per noi». Fede forte. Emozionata, emozionan­te. Di gente semplice. Come le centi­naia di persone che ogni giorno ven­gono a pregare su questa tomba, mol­te delle quali nemmeno credenti. E che da oggi potranno trovare ospita­lità nella 'Casa della convivialità don Tonino Bello', che proprio il cardina­le Bagnasco ha inaugurato ieri sera. Visto che in questo paesino «è molto cresciuta la richiesta di accoglienza e ricezione da parte dei fedeli che ac­corrono sulla tomba di don Tonino, soprattutto da quando è stato avviato il processo per la sua canonizzazione – ha spiegato il vescovo Angiuli –, è nata in maniera naturale l’idea di rea­lizzare un centro che possa ospitare i pellegrini in un luogo che per le sue caratteristiche è in perfetta armonia con la spiritualità che i fedeli cercano» e che sarà gestita da una comunità del­le suore Compassionevoli Serve di Ma­ria . Qui nacque don Tonino, qui riposa da ventuno anni. E qui tutto lo ricorda, tenendo in vita lo spirito. Fu «un pa­store profondamente eucaristico, profondamente centrato sulla carne di Cristo che sono i poveri», dirà ancora il cardinale: «Viveva lungamente 'alla presenza della santissima Eucaristia' e lì recuperava energie e ispirazione», lì «alimentava la gioia anche nelle dif­ficoltà », anche nella sua «dolorosa ma-­lattia, gioia di cui voleva essere umile 'cireneo' e messaggero». Impossibile non ricordare poi il suo impegno per la pace: nella casa di don Tonino, po­co oltre l’ingresso, è appesa la bandie­ra arcobaleno con mille firme che lui portò a Sarajevo du­rante la guerra nell’ex­ Jugoslavia, dove andò smagrito, con le scarse forze rimastegli, pochi mesi prima di morire e poco dopo essersi sottoposto all’ennesi­mo ciclo di chemiote­rapia. «Di lui resta quel che potete vedere qui oggi sulla sua tomba – racconta Mar­cello, il più piccolo dei due fratelli di don Tonino Bello –. Cioè la sua pre­senza, oltre che col suo corpo, soprat­tutto col suo spirito. Credo sia la cosa più bella. E noi ci adopereremo perché rimanga per sempre». Il cardinale Ba­gnasco, il vescovo Angiuli e tutti i fe­deli pregano ancora. Recitano il 'Pa­dre nostro' anche i più piccoli. Più tar­di la chiesa madre di Alessano sarà stracolma per la Messa, sembra che tutto il paese vi si sia riversato. Come pure in molti arrivano alla 'Casa del­la convivialità', davanti alla quale toc­ca al presidente della Cei tagliare il na­stro bianco e giallo intrecciato con pic­cole roselline. Casa – sussurra – che a­desso sarà «segno vivo di quello stile di vita che ispirò la sua persona e il suo episcopato e che rimane esempio, in­coraggiamento e stimolo per tutti».
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