martedì 17 gennaio 2012
​Nasce in Italia un gruppo di volontariato per sostenere l’opera di suor Adma, un’anziana religiosa salesiana che ha dedicato la vita all’educazione dei bambini delle favelas. E la suora si è aggiudicata il premio "Don Pino Puglisi",
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​«La strada a Rio, per un bambino delle favelas, è il posto migliore in cui può vivere. Le case non sono case, le famiglie spesso sono sulle spalle di questi bambini, lasciati soli con decine di fratelli più piccoli». Scandisce le parole in un italiano quasi perfetto suor Adma, con la calma di chi ha visto scene orribili ma le custodisce in un cuore capace di amare e di darsi agli altri. Suor Adma Cassab Fadel è un’anziana suora salesiana, che da trent’anni dedica la propria vita ai bambini di strada di Rio de Janeiro. I suoi capelli candidi, la sua pelle chiara e i suoi occhi luminosi rappresentano una garanzia per i piccoli sperduti in una metropoli piena di ingiustizie sociali stridenti. Al suo lavoro e ai suoi bambini è stato dedicato quest’anno il Premio internazionale Padre Pino Puglisi, organizzato a Palermo dall’associazione Jus Vitae di don Antonio Garau, in collaborazione con la Cisl e la fondazione Brass group. In una delle case gestite dall’associazione Amar, fondata da suor Adma nel 2000, nascerà una ludoteca intitolata al parroco di Brancaccio ucciso dalla mafia. Un dono, che è anche un impegno a non lasciare sola una donna che ha scelto di dedicare la propria vita al riconoscimento della dignità e dei diritti dei bambini. Nelle case di suor Adma circa 700 bambini e ragazzi di ogni età vengono tolti alla droga, allo sfruttamento dei narcotrafficanti, accolti, nutriti, accompagnati negli studi. Alcuni bambini di strada sono diventati operatori del centro, psicologi, due medici lavorano in Italia.«È difficile che i bambini che incontriamo per strada dicano da dove vengono – racconta suor Adma –. Loro si trovano lì perché la strada è il meglio di quello che hanno incontrato nella loro vita. Ricordo che una volta una delle nostre operatrici vide un bambino da solo, in un angolo. Gli chiese di farle vedere la casa da cui proveniva. Lui l’accompagnò e l’assistente sociale trovò una stanza minuscola e sporca, con tre bambini che piangevano, la madre che si era appena drogata e il padre ubriaco. L’assistente sociale e il bambino si guardarono negli occhi e il piccolo le disse:“Andiamo via”. Poi, giunti in una piazza, il bambino si voltò verso di lei e aggiunge: “Zia, io resto qui”». Oppure quell’altra bambina di otto anni che, vedendo suor Adma medicare alcune ferite ad altri piccoli, insisteva per aver spalmato l’unguento anche sulla sua mano. «Non aveva nessuna piaga, desiderava solo una carezza» sussurra suor Adma.Ma sono tanti coloro che, dopo avere incontrato suor Adma, hanno cominciato una nuova vita. Marsia aveva 11 anni quando fu trovata con cinque fratelli più piccoli in una piazza. La madre, che aspettava un altro bambino, aveva cominciato il travaglio e qualcuno l’aveva accompagnata in ospedale. Dopo il parto, la mamma tornò, lasciò a Marsia anche l’ultimo nato e andò via. «Oggi Marsia ha trent’anni ed è la più brava educatrice che abbiamo» sorride suor Adma con soddisfazione. «I bambini a Rio sono tutti intelligenti, ma per vincere devono avere giustizia» e denuncia: «La verità è che con i prossimi mondiali di calcio i bambini di strada non vanno bene. La città deve apparire pulita e loro devono sparire».
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