sabato 10 agosto 2024
Il presidente dell'ospedale pediatrico romano, Tiziano Onesti: «Accogliere e assistere questi piccoli e le rispettive famiglie è una missione che fa parte del nostro Dna»
Un bambino con patologie oncoematologiche

Un bambino con patologie oncoematologiche - Ansa

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È arrivato a Roma, accompagnato dalla mamma, il primo dei trentasei bambini libici affetti da gravi patologie oncologiche che in Italia riceveranno cure d’urgenza all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, una eccellenza sanitaria a livello mondiale, non nuova a queste missioni umanitarie. Il piccolo arrivato in questi giorni, e subito affidato agli specialisti del Bambino Gesù, ha una grave leucemia e necessita di un trapianto immediato di midollo osseo; per gli altri 35 bimbi libici si stanno completando le necessarie pratiche burocratiche, ma anche loro arriveranno a Roma da qui ad un massimo di 10-15 giorni; il tutto a seguito dell’intesa raggiunta il 7 maggio scorso in Libia tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il maresciallo Khalifa Haftar, con la collaborazione del nostro Ministero della Salute, delle competenti Autorità di Bengasi e, come detto, del Bambino Gesù, l’ospedale di cui da 16 mesi è presidente Tiziano Onesti, 64 anni, originario di Rocca di Papa (Roma), professore ordinario di Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Roma Tre.

Professor Onesti, come nasce questa nuova missione umanitaria che sta portando all’accoglienza dei bambini libici?

L’accoglienza e l’assistenza umanitaria internazionale sono insite nel Dna del nostro ospedale e rispondono in pieno a quel mandato che Papa Francesco ci rinnova ogni volta che ci incontra: tenere aperte le nostre porte alle necessità del mondo. Una grande attività per quelle che definiamo vere e proprie missioni, in accordo e in coordinamento con la Santa Sede. E questo oltre a quella che è la ricerca e l’attività sanitaria in senso lato e che ci viene riconosciuta a livello mondiale.

Una accoglienza che riguarda soprattutto, ma non solo, le zone di guerra: adesso quali sono i “fronti” aperti?

Abbiamo questo con la Libia, già attivo dal 2019, quando accogliemmo i primi quattro piccoli pazienti, affetti da malattie onco-ematologiche. Nel 2020 il Bambino Gesù ha siglato un accordo con l’Organizzazione mondiale della sanità per la formazione del personale medico e infermieristico di due ospedali pediatrici libici, quello di Tripoli e quello di Bengasi; altro aspetto, questo della formazione in loco, che ci sta molto a cuore. Un’attività di formazione e interscambio, grazie anche alla telemedicina, che ci consente di portare assistenza a pazienti ad alta complessità sanitaria nei teatri di guerra, anche con interventi ricostruttivi. Tornando alle missioni, da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina il Bambino Gesù si è preso cura in vari modi di oltre 2.500 pazienti, anche presso la struttura di Palidoro, vicino Roma. Per quanto riguarda invece Gaza, dopo lo scoppio della guerra il 7 ottobre 2023, ci siamo fatti carico di 9 bambini palestinesi. Nel 2023, per quanto riguarda l’assistenza presso le nostre sedi, il Bambino Gesù ha complessivamente preso in carico 10.690 pazienti stranieri, di cui 577 non residenti in Italia. Nei primi 6 mesi del 2024, sono stati già 249 i pazienti provenienti dall’estero.

I progetti che avete in corso in zone non propriamente di guerra, invece, quali sono? Sono una dozzina, dalla Giordania alla Cambogia, dalla Tanzania alla Costa d’Avorio al Perù. E tanti sono i progetti portati a compimento in questi anni. Tra questi mi piace ricordare quello nella Repubblica Centroafricana, con la costruzione del nuovo reparto dei bambini malnutriti dell’ospedale pediatrico della città di Bangui, fortemente voluto dal Santo Padre.

E qui torniamo alla particolare vicinanza del Santo Padre nei vostri confronti…

Una vicinanza che sentiamo molto forte, per quella missione che il Papa ci ha affidato: attuare in pienezza l’insegnamento di Cristo di curare i malati e servire gli infermi.

Tanto più quando questi malati sono dei bambini.

Certo, perché quando un bambino sta male si ferma non solo quel piccolo paziente ma anche la sua famiglia; tutto un mondo che va curato e accudito. Sono sempre più convinto del fatto che curare non è solo l’atto medico, pur importante ovviamente, fondamentale. Ma curare vuol dire anche prestare attenzione, premura, vicinanza. E questo ad ogni livello al nostro interno.

Insomma, il Bambino Gesù anche come una grande famiglia che accoglie altre famiglie, e non solo il singolo piccolo paziente?

Sì, intendiamo l’ospedale come un corpo e una famiglia di cui facciamo parte tutti, a qualsiasi livello. Per questo ringrazio davvero tutto il personale, compreso quello religioso che svolge un ruolo fondamentale. Anche qui si tratta di “missione”. E il lavorare tutti insieme ci sta permettendo di raggiungere altri risultati, come ad esempio nella scuola.

Che succede con i bambini che purtroppo non possono seguire più le lezioni perché malati?

Cerchiamo di star loro vicini anche in questo ambito. Abbiamo attivato la scuola in Ospedale quasi 50 anni fa. Oggi contiamo circa 70 insegnanti di ogni ordine e grado che fanno lezione in piccoli gruppi o presso il letto del singolo paziente. Anche il ministro Valditara di recente si è complimentato per questo risultato. Credo che anche questo faccia parte di quella concretezza che ci chiede il Papa e che esprimiamo guarendo sì la malattia e facendo ricerca, ma anche per l’appunto spezzando la solitudine delle famiglie, grazie anche ad un sistema di accoglienza peraltro completamente gratuito. Curando così i bambini ci prendiamo cura del nostro futuro.

Una eccellenza italiana nel mondo riconosciuta anche da Paesi che pure hanno una solida tradizione sanitaria. Come si esprime tutto questo?

Riceviamo riconoscimenti e apprezzamenti continui, dalla Svezia alla Germania ma non solo dall’Europa. Questo sta a significare la grande fiducia che ovunque hanno nel Bambino Gesù, ma anche le speranze che ripongono in noi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel nosocomio romano è appena arrivato da Tripoli, accompagnato dalla mamma, il primo di un gruppo di trentasei bambini affetti da gravi patologie onco-ematologiche. Nel 2023 sono stati presi in carico quasi 11mila pazienti stranieri Qui accanto, un bambino con patologie oncoematologiche; sopra, il presidente del Bambino Gesù, Tiziano Onesti.

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