La notizia è che il sistema dell’accoglienza rimane a rischio, nonostante il crollo certificato degli arrivi. I bandi per i posti nelle strutture continuano ad andare deserti, le candidature delle associazioni disposte a farsi carico dell’ospitalità dei migranti stentano a decollare, visto che i rimborsi per straniero preso in carico sono bassissimi e diventa anti-economico anche per le realtà del Terzo settore organizzarsi. Così, nell’estate del -62% alla voce sbarchi, non arriva alcun segnale di stabilizzazione sul versante dell’integrazione. Anzi. «Un anno fa dicevamo la stessa cosa, ma almeno allora eravamo in presenza di numeri in rapida crescita - spiega Filippo Miraglia, coordinatore del Tavolo asilo e immigrazione -. Il punto è che il sistema è saturo, come lo era nel 2023: migliaia di persone vivono per strada, mentre nei Cas, i centri a gestione prefettizia, la gente si ammassa in continuazione e resta abbandonata a se stessa».
Come su un piano inclinato, la questione sta scivolando velocemente verso un traguardo non dichiarato: l’oblio. Richiedenti asilo, minori non accompagnati, irregolari, persino espulsi stanno infatti uscendo dall’agenda mediatica. Non da quella della società civile, però, che prova a chiederne conto direttamente al governo. Settimana scorsa, il Tavolo Asilo e Immigrazione ha scritto al sottosegretario al ministero dell’Interno, Nicola Molteni, e al capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione, il prefetto Laura Lega, per esprimere «preoccupazione».
L’elenco dei nodi da sciogliere è lungo, ma è la premessa a far riflettere. «Nonostante i numeri molto limitati e prevedibili, tante, troppe sono le persone che non trovano risposte nel sistema d’accoglienza pubblico e, pur avendone diritto, si vedono negato l’accesso all’accoglienza - si legge nella lettera inviata al Viminale da diverse associazioni, laiche e cattoliche, dalle Acli a Migrantes, dalla Cgil all’Arci -. Lunghi e lunghissimi i tempi di attesa nelle varie fasi della procedura, a partire dal colloquio con le Commissioni territoriali, soprattutto nelle grandi città, che comportano un grave spreco di risorse pubbliche».
La risposta fatta filtrare dall’esecutivo tre settimane fa, durante un incontro a Roma, è che si sta lavorando a un piano nazionale d’accoglienza, in grado di garantire quel quadro di programmazione indispensabile alle strutture del Terzo settore, che tra i punti-chiave da dirimere, mette in cima alla lista la rete Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione, «oggetto di grande incertezza» per quanto riguarda risorse e tempi di investimento, e il bando dei Comuni per i minori stranieri non accompagnati. Non mancano “punture di spillo” al governo anche per quanto riguarda i discussi centri per l’Albania. «Sulla questione dell’individuazione delle vulnerabilità, come intendete procedere?» si sottolinea nella lettera. Il riferimento, spiega Miraglia, «è alle persone che poi dovrebbero essere rinchiuse nelle strutture che ancora devono essere costruite. Senza dimenticare che è un’illusione pensare di risolvere un’emergenza con accordi bilaterali: non ha funzionato con la Libia, non sta funzionando con la Tunisia e non funzionerà con Tirana. Occorre coinvolgere l’Europa, partendo dalla previsione dei flussi che si genereranno alle frontiere del Vecchio continente nei prossimi mesi».
Il sistema dell'ospitalità continua a non avere posti, i bandi vanno deserti. Centri in mano alle Prefetture. Il Tavolo Asilo: risposte sui minori stranieri. Il Viminale pensa a un piano nazionale
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