Una donazione di sangue in una foto d'archivio - Ansa
Succede di frequente, nei primi mesi dell’anno, che si verifichi una contrazione delle donazioni di sangue a causa del picco di diffusione dell’influenza stagionale. Ma la pandemia sta aggiungendo ulteriori difficoltà, per via delle quarantene di donatori e addetti alla raccolta. Così, diverse regioni – Toscana, Lombardia, Veneto, Abruzzo, Lazio – hanno registrato carenze di sangue: ben 1.240 le sacche chieste attraverso il Sistema informativo dei servizi trasfusionali (Sistra), ma la situazione potrebbe costringere a rimandare interventi chirurgici per preservare le scorte di emocomponenti. Senza dimenticare che quotidianamente 1.800 persone necessitano di trasfusioni per poter sopravvivere.
Diventa quindi sempre più urgente sollecitare nuovi e storici donatori di sangue e plasma a contattare i centri di raccolta per prenotare una donazione o aderire a quelle già programmate, evitando code e assembramenti.
«La pandemia ci ha insegnato che il bisogno di emocomponenti non cessa. Programmare e prenotare la donazione significa garantire la continuità delle attività sanitarie, assicurare le scorte e permettere accessi contingentati nei centri trasfusionali e nelle unità di raccolta per la sicurezza di tutti»; così Gianpietro Briola, coordinatore pro-tempore del Civis (Coordinamento interassociativo volontari italiani sangue) e presidente dell’Avis, che evidenzia quanto sia necessario scongiurare il rischio che l’alto numero di positivi al Covid provochi «serie ripercussioni sulle attività cliniche che prevedono la somministrazione di trasfusioni o di farmaci emoderivati».
A frenare le donazioni e a confondere chi vorrebbe donare, contribuiscono fake news sui social e in rete: dal sangue dei vaccinati che coagulerebbe alla scarsa qualità degli emocomponenti di chi ha ricevuto la terza dose, oltre a insinuare che l’Avis richiederebbe solo il sangue di chi non è in possesso del Green pass perché più sicuro, interpretando arbitrariamente la circolare ministeriale che stabilisce di non richiedere il certificato verde per l’accesso a centri trasfusionali e unità di raccolta.
«Questa decisione è stata assunta in quanto i donatori si recano nei Servizi trasfusionali per sottoporsi a una prestazione sanitaria dopo essere stati sottoposti a triage telefonico, finalizzato a conoscere le attività svolte negli ultimi giorni. Sono chiamati a rispondere a un’esigenza del Sistema sanitario nazionale e, quindi, titolati ad accedere nel rispetto delle norme», osserva Briola, ricordando che le informazioni attendibili si trovano solo sui canali ufficiali.
E rimarca: «Il Covid non può essere trasmesso per via trasfusionale e nessuno nei centri trasfusionali e unità di raccolta ha mai segnalato episodi differenti o, peggio, di sangue donato da persone vaccinate che si sarebbe coagulato. Il nemico da sconfiggere è il Covid, non gli strumenti che lo studio e la ricerca mettono in campo per combatterlo». Ulteriori informazioni si possono consultare su donailsangue.salute.gov.it e grazie all’app Geoblood è facile individuare l’unità di raccolta più vicina.