Vaccini e polemiche - Ansa
Se ancora ce ne fosse bisogno piovono conferme, scientificamente accreditate, sull’efficacia dei vaccini. E, di riflesso, sulle "tesi" insussistenti di chi li rifiuta. Basta addentrarsi nei dati dell’ultimo report sulla pandemia, pubblicato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) nello scorso fine settimana, per registrare che la grande maggioranza dei casi di Sars-CoV-2 segnalati in Italia negli ultimi 14 giorni, riguardano persone non vaccinate, o vaccinate con la prima dose, o ancora con l’antidoto monodose ma prima del termine delle due settimane utili a sviluppare una risposta immunitaria completa.
Nelle persone con 80 o più anni, fa sapere l’Iss, negli ultimi 30 giorni, «il 36% delle diagnosi, il 50% delle ospedalizzazioni, l’81% dei ricoveri in terapia intensiva e il 66% dei decessi sono avvenuti in soggetti che non hanno ricevuto alcuna dose di vaccino e che sono attualmente il 9,5% della popolazione in questa fascia d’età». I grafici della popolazione italiana raccontano che «la percentuale dei casi tra i vaccinati è largamente inferiore alla percentuale dei casi tra i non vaccinati», evidenziano gli autori del report.
L’Iss ricava anche le stime di protezione vaccinale nel periodo che va dal 4 aprile (approssimativamente la data in cui la vaccinazione è stata estesa alla popolazione generale) all’11 luglio per fasce di età. Ebbene, «l’efficacia complessiva della vaccinazione è superiore al 70% nel prevenire l’infezione in vaccinati con ciclo incompleto e superiore all’88% per i vaccinati con ciclo completo». Nel prevenire l’ospedalizzazione «sale all’80,8% con ciclo incompleto e al 94,6% con ciclo completo». Nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva l’efficacia è dell’88,1% con ciclo incompleto e 97,3% con ciclo completo. Infine, nel prevenire il decesso è pari a 79% con ciclo incompleto e a 95,8% con ciclo completo. Nelle ultime due settimane prese in esame dall’Iss, il 26,7% dei casi totali riguarda persone con meno di 19 anni – quindi più di 1 su 4 –, «il 62,3% ha una età compresa tra 20 e 59 anni e l’11% ha un’età superiore a 60 anni».
Statistiche che confermano, dunque, l’importanza di vaccinare anche i giovani. Chi dice che «non è urgente è un analfabeta di sanità pubblica», tuona il virologo Andrea Crisanti, commentando le posizioni espresse sulla vaccinazione under 40, definita come «non prioritaria» da esponenti politici di area centrodestra, come il leader della Lega Matteo Salvini e Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. «Questo è veramente sconsolante dopo 18 mesi – incalza Crisanti, che chiede l’obbligo vaccinale per i docenti in vista del prossimo anno scolastico –. Agli italiani dobbiamo dire di affrettarsi a vaccinarsi perché la variante Delta corre tantissimo».
Dichiarazioni condivise dal presidente dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, Silvio Garattini, per il quale «dobbiamo vaccinare più persone possibile», anche i giovani e anche negli altri continenti, «perché il problema non è ora, ma è quello che ci aspetta, quello che non sappiamo. Ora circola soprattutto la variante Delta, ma già si affaccia la variante Beta, la sudafricana, ben più aggressiva. Se non si è vaccinati – aggiunge – si è completamente mancanti di protezione, mentre una variante può dare sintomatologia minore in un vaccinato». E a essere protetti devono essere «anche i ragazzi sopra i 12 anni», perché anche loro «possono avere problemi se contagiati. Senza contare che abbiamo poi il problema della scuola».
Indica i dati attuali del Regno Unito, invece, il virologo Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta, negli Usa, per mostrare la risposta dei vaccini: «Nel Regno Unito hanno ridotto la letalità di Covid a livelli "influenzali"», e contro l’influenza «storicamente non si sono usate mai misure restrittive. In altre parole: i vaccini permettono di evitare nuovi lockdown. Meditiamo, gente, meditiamo», scrive.
Ma non tutti sembrano comprendere l’opportunità che la scienza offre. La campagna vaccinale in Italia rallenta. Preoccupano i ritardi di regioni come Sicilia, Calabria, e Friuli Venezia Giulia. Nell’isola, al 16 luglio, risultavano senza vaccino oltre 76mila over 80. Più di uno su cinque. In Calabria, alla stessa data, c’erano ancora 29mila non vaccinati in questa fascia d’età, il 20% della platea residente. Nel Friuli la situazione preoccupa nella fascia 60-69enni, dove un cittadino su 4 (25,21%), pochi giorni fa, era totalmente privo di protezione.