È ben più di un sospetto: radici e foglie delle insalate che portiamo a tavola possono essere alterate da micro e nanoplastiche. La questione è maledettamente seria, visto che 63.000 tonnellate di queste pericolose sostanze si depositano ogni anno sui terreni agricoli europei, e 44.000 fanno altrettanto sui campi del Nord America. Ciò avviene tramite la contaminazione di acque, compost, fanghi, materiali plastici usati in agricoltura e deposizioni atmosferiche. Risultato: il metabolismo delle piante e il ciclo dell’azoto subiscono modifiche, con possibili impatti ambientali. È il caso della lattuga sulla quale si è concentrato uno studio dell’Università Cattolica, appena pubblicato su Plant Physiology and Biochemistry, coordinato da Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, campus di Piacenza, e da Marco Trevisan, preside della stessa facoltà e ordinario di Chimica agraria.
Nella maggior parte dei casi, spiega una nota della Cattolica, i materiali plastici sono noti per la loro elevata resistenza ai processi di degradazione, che ne determina l'accumulo nell'ambiente. Gli agenti fisici e biologici possono disgregare le plastiche e le bioplastiche in micro e nano composti, che pongono potenziali problemi tossicologici ed ecotossicologici. Non solo. Così Lucini illustra i rischi gravi: «Nanoparticelle e microparticelle nel suolo influenzano la crescita della pianta, con effetti diretti ed indiretti a carico sia dell’apparato radicale, sia di quello fogliare. La presenza di alterazioni del metabolismo anche in foglia – aggiunge -, ovvero in organi non direttamente esposti alle plastiche, apre inoltre la possibilità che queste possano essere assorbite e traslocate in colture agrarie, ponendo un possibile problema di sicurezza alimentare», così come «sull’efficacia dei fertilizzanti azotati, e conseguentemente un effetto sulla sostenibilità delle colture, nell’ottica del Farm-to-Fork e green new deal che pone come obiettivo la riduzione del 30% dei fertilizzanti».
Insomma, mentre la contaminazione da plastica negli ambienti acquatici è stata studiata per decenni, solo adesso la comunità scientifica sta spostando l’attenzione sugli ambienti terrestri. La contaminazione da plastiche e bioplastiche in agricoltura, evidenzia l’ateneo, influisce sulle funzioni fisiche, chimiche e microbiologiche del suolo, inclusi i suoli agrari, e quindi potenzialmente delle colture agrarie. Ancora Lucini: «I nostri risultati hanno rivelato che la dimensione delle particelle gioca un ruolo fondamentale nell'influenzare vari aspetti della crescita della lattuga, e dei parametri fisiologici delle sostanze presenti nelle radici. Le plastiche di dimensioni più piccole hanno dimostrato un impatto sulle strutture e sulla biochimica delle porzioni aeree quali le foglie. Al contrario – conclude -, le plastiche di dimensioni più grandi hanno avuto un impatto maggiore sul metabolismo delle radici». Un’azione invisibile per tutti noi ma decisamente pericolosa per la nostra salute.