«Azione ingiusta, infondata ed illecita». L’inchiesta non è ancora conclusa, ma la Procura della corte dei conti del Lazio ha già fatto capire in che direzione stiano portando gli accertamenti sulle agenzie di rating che con interventi «mirati» nel 2012 abbassarono il voto all’Italia, ostacolando la risalita dell’intero sistema Paese.All’inizio di febbraio la notizia era stata confermata dalla Corte dei conti. Ma adesso, dalla lettura delle relazioni dei magistrati contabili, si apprendono nuovi dettagli. Scorrendo gli atti si scopre che gli inquirenti contabili procedono per «presunta responsabilità erariale». L’ipotesi è che con le loro decisioni i giganti del "rating" - già nel mirino per non aver dato per tempo l’allarme sull’implosione di alcune delle più grandi banche del mondo - avrebbero danneggiato le casse pubbliche facendo rallentare i volumi degli scambi di cui avrebbe beneficiato anche l’erario. Entro pochi giorni si conosceranno le controdeduzioni delle agenzie. Poi toccherà alla procura decidere se procedere o archiviare l’inchiesta.La vicenda risale al 2012. Nonostante la stretta di bilancio si decise di anticipare già nel 2013 il pareggio di bilancio facendo affidamento sulla «spending review», sul blocco del turn over nel pubblico impiego «e sul raffreddamento dei trasferimenti in favore delle imprese produttive», ricorda la Corte dei conti del Lazio. «Se non che in quel tormentatissimo scenario (2010-2011-2012), un ruolo negativo specialissimo – ha ricostruito il procuratore regionale Angelo Raffaele De Dominicis nella recente relazione per l’apertura dell’anno giudiziario – è stato giocato, a nostro avviso, dalle grandi agenzie internazionali di rating, che con mirati downgranding in danno dell’Italia hanno colpito, ingiustificatamente, la nostra economia».Il 20 maggio il tribunale di Trani, dove è stata avviata l’inchiesta penale a cui attinge la Corte dei conti laziale, deciderà sul rinvio a giudizio degli specialisti delle agenzie di analisi macroeconomica. Per gli inquirenti il danno provocato all’Italia è di almeno 234 miliardi, l’equivalente di una ventina di robuste leggi finanziarie. I colletti bianchi di "Standard & Poors" sono accusati di aver redatto, tra maggio 2011 e gennaio 2012, quattro rapporti contenenti informazioni tendenziose e distorte sull’affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento e rilancio adottate dal governo Monti. L’ultimo report sotto accusa è quello con cui S&P il 13 gennaio 2012 decretò il declassamento del rating dell’Italia di due gradini (da A a BBB+). Per l’agenzia "Fitch", gli imputati sono accusati di aver rilanciato, dal 10 al 18 gennaio 2012, «indebiti annunci preventivi di imminente declassamento» dell’Italia, mai decretato ufficialmente fino al 27 gennaio 2012, creando una potenziale alterazione del prezzo dei prodotti finanziari.Una iniziativa, quella della procura contabile, che ha raccolto «una posizione di sostanziale apertura» anche da parte della procura generale che nella memoria ufficiale depositata in occasione del giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato, per l’esercizio 2012, «ha indicato motivi di criticità e di perplessità del tutto analoghi».