I pesanti tagli che hanno colpito la sanità
pubblica negli ultimi anni potrebbero, se i risparmi ottenuti non
verranno reinvestiti nell'assistenza territoriale e domiciliare e
nell'ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, mettere a rischio
i livelli essenziali di assistenza (Lea), "facendo emergere, nel
lungo periodo, deficit assistenziali" soprattutto al Sud.È
l'allarme lanciato dalla
Corte dei Conti nella Relazione sulla
gestione finanziaria degli enti territoriali 2013. Secondo il
rapporto, "le manovre correttive dei conti pubblici, attuate, nel
triennio 2011/2013", sono state poste, "per una parte significativa, a
carico del settore sanitario: nello scorso anno, quasi il 30% delle
minori spese nel conto della PA rispetto al preconsuntivo di ottobre,
sono da ascrivere al settore sanitario, che però ha assorbito solo
il 16,20% della spesa primaria corrente". Il processo di revisione
della spesa sanitaria, "per essere efficace senza compromettere il
principio di equità nell'erogazione dei LEA, dovrà essere più
selettivo e reinvestire risorse nei servizi sanitari relativamente
più carenti, traendole dai settori dove vi sono ancora margini di
inefficienze da recuperare". La Corte dei conti si riferisce tra le altre cose all'acquisto di beni e
servizi (meglio se effettuati attraverso centrali
d'appalto). Accanto a misure ad impatto
"immediato" sui livelli di spesa, secondo la Corte dei Conti "anche
il potenziamento dei programmi di medicina preventiva è uno strumento
capace, sul medio-lungo periodo, migliorando le condizioni generali
di salute della popolazione, di generare minore spesa sanitaria e
maggiore appropriatezza nell'uso delle risorse". La spesa per il servizio sanitario nazionale
nel triennio 2011/2013, "è risultata essere, a consuntivo,
pari a
111.094, 109.611 e 109.254 milioni, inferiore, quindi, di ben 4
miliardi (per il 2012) e di circa 3 miliardi ( per il 2013) alle
stime contenute nella Legge di stabilità 2013". Quindi, sottolinea
la Corte dei Conti, "l'effetto "combinato" delle decisioni deliberate
dal Parlamento nazionale e delle manovre correttive attuate dalle
Regioni (sia in piano di rientro che non), hanno generato riduzioni
di spesa nettamente superiori a quelle stimate e alle corrispondenti
riduzioni di finanziamento decise con la "Spending review". Complessivamente, considerati anche i risultati delle Regioni
in avanzo, il sistema sanitario a livello nazionale "mostra un
disavanzo di 1.890 milioni". Per
contro - si legge nella relazione - ulteriori risparmi, ottenibili da
incrementi di efficienza, se non reinvestiti prevalentemente nei
settori dove più carente è l'offerta di servizi sanitari, come, ad
esempio,
nell'assistenza territoriale e domiciliare oppure
nell'ammodernamento tecnologico e infrastrutturale, potrebbero
rendere problematico il mantenimento dell'attuale assetto dei LEA,
facendo emergere, nel medio periodo, deficit assistenziali, più
marcati nelle Regioni meridionali.