giovedì 30 marzo 2023
Sbarcati a Fiumicino 58 profughi siriani dal Libano e i 15 dalla Grecia scappati da Iraq, Somalia e Congo, grazie alla Comunità di S.Egidio, Federazione Chiese evangeliche e Tavola Valdese
L'alternativa a Cutro: da Siria e Africa senza rischiare la vita

Foto Liverani

COMMENTA E CONDIVIDI

Nei paesi dove erano arrivati per salvarsi dalle guerre non era più possibile vivere. Il Libano sta attraversando una crisi economica e politica che mette a rischio la sopravvivenza dei suoi stessi cittadini. In Grecia i centri di raccolta come Moria a Lesbo non offrono nessuna prospettiva. Grazie al progetto dei corridoi umanitari, stamattina altri 73 profughi in condizioni di grande fragilità potranno ricominciare a vivere: cure per chi ha problemi di salute, scuola per bambini che da anni non seguono nessun percorso educativo, a volte nati nei campi profughi. Ben 24 i minori arrivati nei due gruppi: i siriani partiti da Beirut, mentre da Atene sono arrivati somali, iracheni e congolesi. Ad accoglierli Marco Impagliazzo, presidente della Comunitàè di Sant'Egidio, Manuela Vinay della Tavola Valdese e Marta Bernardini della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e i rappresentanti dei ministeri dell'Interno e degli Esteri. Le tre comunità cristiane ora si faranno carico di tutte le spese di accoglienza e del percorso di integrazione dei richiedenti asilo, accompagnandoli verso l'autonomia. Ad ospitarli saranno famiglie, parrocchie, comunità.

Con i 74 di oggi sono 6.091 i profughi arrivati dal febbraio del 2016 in tutta sicurezza in Europa (soprattutto in Italia, ma anche in Francia, Belgio e Andorra) grazie ai corridoi - organizzati anche dalla Conferenza episcopale italiana attraverso la Caritas - che hanno aperto varchi legali nella "fortezza Europa" con la collaborazione dei ministeri dell'Interno e degli Esteri: da Libano, Grecia, Cipro, Libia, Niger, Pakistan, Iran, Etiopia, salvando vite umane dalle rotte organizzate dai traficanti. Spesso però l'unica disperata possibilità di tentare la sorte, per sfuggire a rischi ancora maggiori.

Foto Liverani

L'Italia ne ha accolti 5.395, altri 576 la Francia, 166 il Belgio, 16 Andorra. «Avete viaggiato in sicurezza per arrivare in Italia - ha detto Marco Impagliazzo di Sant'Egidio accogliendo i profughi a Fiumicino - un paese di grande umanità che vi ha aperto una porta per salvarvi dai trafficanti. Ora imparate l'italiano, primo strumento per integrarvi». «Il modello dei corridoi funziona - dice Manuela Vinay della Tavola Valdese - ma non è la soluzione. L'immigrazione è un tema complesso e come tale va affrontato. Tutti i paesi devono sentire l'obbligo morale di definire politiche per consentire migrazioni in sicurezza. Ognuno deve fare la propia parte, noi stiamo facendo la nostra». «Siamo onorati che voi siate qui al sicuro - ha detto Marta Bernardini della Fcei - ma pensiamo a tutte le persone che continuano a morire nel Mediterraneo: è solo di un mese fa la tragedia di Cutro».

Anni di corridoi umanitari significa anche che a Fiumicino arrivano ex profughi, ornai inseriti nella società italiana, per accogliere parenti e familiari. Come Nirmin, 25 anni, capelli neri e occhi chiari, siriana di Hama. Vive a Itri (LT) da quattro anni, lavora in un albergo, è sposata con William, anche lui siriano, 29 anni, operaio edile, un crocifisso al collo e uno tatuato sul braccio. Nirmin ha un fascio di rose rosse da consegnare alla sorella Nour: «L'ho lasciata che aveva 14 anni, ora ne ha 18». Si abbracciamo a lungo piangendo. Nour ora vuole studiare, laurearsi in Farmacia. Tornerete in Siria? «La nostra vita è in Italia. Giù c'è ancora la guerra. Gli uomini vengono arruolati per dieci anni».

Foto Liverani

Una nuova vita, cure sanitarie, scuola per i bambini anche per una stanchissima famiglia fuggita con un viaggio infinito verso la Grecia dalla guerra che insanguina la Repubblica Denmocratica del Congo. Cinzia, 28 anni, tiene in braccio il piccolo Jason, due anni, mentre Kertis, tre anni, corre eccitato nel salone dell'aeroporto di Roma. Sono nati tutti e due nel campo di Moria a Lesbo. Serge, 38 anni, resta in silenzio, stringendo la stampella che gli serve per camminare da quando ha avuto un ictus. Una vita difficilissima anche prima della guerra. I due sposi, entrambi orfani, vivevano dallo zio di Serge che li sfruttava come servitù per tutti i lavori domestici, niente salario, solo vitto e alloggio. Per una famiglia così fragile Sant'Egidio ha previsto l'alloggio in una casa famiglia. Finché non saranno in grado di riprendersi la vita che gli spetta.





© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: