Milano innesca la retromarcia. Il testo del regolamento sul registro delle unioni civili che l’amministrazione di Giuliano Pisapia vuole approvare entro la pausa estiva è da correggere. Ci sono alcuni nodi che non convincono e così, dopo la partenza in pompa magna, non sono pochio quelli che cercano di mettere una pezza. Le parole "famiglia anagrafica" e "insieme di persone" contenute nel testo originale della delibera creano non pochi malumori, non solo fra le fila dell’opposizione ma anche all’interno della stessa maggioranza. Tanto che, ieri in consiglio comunale, la piccola maratona per approvare il nuovo strumento anagrafico per riconoscere le convivenze, anche fra omosessuali è iniziata con polemiche e marce indietro. La discussione, che proseguirà anche oggi e dopodomani, con l’obiettivo di arrivare al voto definitivo e all’approvazione entro la pausa estiva, si prospetta più complicata del previsto. L’aula deve fare i conti con gli emendamenti, in tutto 51. Ventuno quelli annunciati dalla Lega e quasi altrettanti dal Pdl. Anche la stessa maggioranza, a sorpresa, ne presenterà tre. Il testo di iniziativa consiliare (presentato dalla democratica, docente di diritto costituzionale, Marilisa D’Amico, prima firmataria della delibera) non convince il Pd e non solo la sua ala cattolica. È forte il rischio che il nuovo strumento, con il suo testo originale, possa di fatto aprire a scenari perlomeno inconsueti, quali la poligamia o l’adozione per le coppie omosessuali. «Non condividiamo il percorso ma rispettiamo la battaglia dei colleghi» informa il democratico Andrea Fanzago, vicepresidente del consiglio milanese che, insieme ad altri tre consiglieri si asterrà dal voto avendo, però, prima fatto sostituire la parola “insieme di persone” con “due persone”, proprio per allontanare quel rischio poligamia paventato pochi giorni fa dal vicepresidente dell’Unione giuristi cattolici di Milano sulle pagine di Milano Sette. «I consiglieri del gruppo sono liberi di esprimersi», ha commentato il capogruppo del Pd, Carmela Rozza che ieri non ha perso l’occasione per ribadire la sua posizione personale di sostegno al provvedimento perché «riconosce alle coppie gay la dignità che spetta loro, almeno nei pochi spazi che il Comune ha».E poi c’è la definizione di “famiglia anagrafica” che non piace all’area liberale del Pdl che sul fronte del registro si spacca. «Stiamo dibattendo su un atto amministrativo che non avrà efficacia» ha ribadito ieri il capogruppo del centrodestra Carlo Masseroli che, insieme ad altri sette colleghi di partito voterà contro la delibera. Mentre quattro dovrebbero approvarla con la sostituzione della parola “coppia di fatto” al posto di “famiglia”. Ma, al di là dei termini e delle modifiche che l’aula potrebbe apportare nelle prossime ore al testo originale, prosegue la polemica sull’istituzione del registro. «Una falsa battaglia di libertà» ha dichiarato ieri il coordinatore regionale lombardo del Pdl, Mario Mantovani; «una bandierina di Pisapia che fa contenti le associazioni arcobaleno», ha attaccato il consigliere leghista Alessandro Morelli. Un provvedimento inutile, «del quale non se ne sentiva la necessità» anche per il consigliere provinciale dell’Udc, Roberto Biolchini. Un asfilza di critiche di cui non si cura il sindaco Giuliano Pisapia, presente in aula durante la discussione. Il regolamento sulle coppie di fatto è «una delibera importante, perché è un impegno preso con i cittadini milanesi» ha aggiunto. E rispondendo a chi gli chiedeva un commento sull’intervento della Curia ha aggiunto: «Ognuno ha il proprio ruolo. Comprendo le posizioni della Curia e di alcune persone all’interno della Curia – ha detto – così come rispetto le decisioni della Curia in campo religioso. La Curia deve rispettare le decisioni del Consiglio Comunale che è un’istituzione della città ma parla a tutti i cittadini».