Giorgia Meloni ed Enrico Letta a confronto sul sito del Corsera con il direttore Luciano Fontana - Corriere.tv
Novanta minuti, «come una partita di calcio», sorridono guardandosi l’un l’altro, si potrebbe dire con simpatia. Tanto dura il primo e unico faccia a faccia tra Giorgia Meloni ed Enrico Letta, i leader dei due maggiori partiti che si sfidano il 25 settembre, promosso dalla tv web del Corriere della sera e moderato dal direttore, Luciano Fontana, un confronto in salsa maggioritaria, sebbene in un sistema molto affollato, dove gli stessi partiti delle due coalizioni maggiori si beccano anche durante il lungo incontro trasmesso sulla rete. Misurati, pacati pure quando si rinfacciano «notizie fake», e ammiccanti quando affermano – a conclusione dell’intervista – di rappresentare «due Italie diverse che si rispettano», per usare le parole del segretario del Pd, ma che poi «non si ritrovano a far finta di niente dopo», per dirla con la presidente di Fdi, riguardo all’impossibilità di un accordo post elettorale per un "governissimo", perché «è una democrazia sana mantenere un legame con la volontà degli elettori».
Insomma, il confronto serve a Letta e Meloni per ribadire i punti dei rispettivi programmi e marcare di conseguenza le differenze. L’aspirante prima premier donna italiana rivendica orgogliosa il «motto mazziniano, Dio, Patria e famiglia», ma «rispettando gli altri». Assicura che non intende smontare la legge 194 sull’aborto, ma applicarla anche nella parte che prevede la prevenzione; di non volere andare oltre le unioni civili (no alle adozioni gay) e garantire «una mamma e un papà», come «massimo» delle garanzie per una famiglia.
Per Letta, invece, «quello che conta è l’amore» che si offre a un figlio, non come è composta la coppia che lo adotta. Pronta la replica di Meloni: «Lo Stato non norma l’amore». «No, tu normi cosa è amore e cosa non è», scandisce Letta, che specifica: «Per noi la società deve essere basata sulla diversità e non sull’omologazione, deve basarsi sui diritti delle persone».
In abito blu il leader dem, camicia tiffany l’ex ministro della Gioventù, entrambi restano in modalità british anche quando Meloni – a proposito del programma energetico del centrodestra – dice che «non c’è nessuno che ami l’ambiente più di un conservatore» e parla dei limiti del ricorso al solo elettrico, perché «ti lascia a piedi e ti lega alla Cina». Ma per l’ex premier l’avversaria «racconta fake news».
Il dibattito si accende sull’Europa, che ha visto Meloni tornare alla linea dura nelle ultime ore, sul Pnrr e sul presidenzialismo, su cui Letta chiude senza appello in difesa di una Costituzione nata per mettere una pietra sui drammi prodotti dal fascismo. Ma i due contendenti non oltrepassano comunque le righe.
Piuttosto entrano nel merito del Pnrr, cifre alla mano. Modificarlo, per Letta, equivale a minare la credibilità dell’Italia a Bruxelles. «Il Portogallo lo ha chiesto e Gentiloni ha detto che è molto interessante – risponde Meloni – . E noi non possiamo farlo? Bisogna utilizzarlo di più sul tema dell’approvigionamento energetico».
Quanto a credibilità, Letta accusa l’avversaria di privilegiare i rapporti con Ungheria e Polonia, che hanno sempre avversato le politiche europee con i loro veti. «Noi – asserisce – vogliamo un’Italia che conti in Europa , non che protesti. Come Draghi, che è andato a Kiev con Macron e Scholz: quella è la fotografia. Un’Italia che conta, non che pone il veto con Polonia e Ungheria, anche perché noi abbiamo l’euro».
Per Meloni, però, va difeso «l’interesse nazionale». Ancora: «Ho buoni rapporti con Orbán ma il suo partito sino a ieri era nel Ppe, non nel mio partito, quello dei conservatori. Saremo dialoganti con tutti ma c’è un problema di riequilibrio dell’asse franco-tedesco, quindi dovremo parlare con paesi mediterranei come con quelli dell’est». Insomma, incalza, «no a Europa di serie A e di serie B».
Sull’immigrazione, Meloni ripropone la necessità di una missione europea che parli con la Libia per distinguere «chi ha diritto di partire, come i profughi, e chi invece no». Ironico Letta apprezza che stavolta l’avversaria abbia evitato di parlare di «blocco navale», e le ricorda ancora una volta i veti di Orbán e della Polonia, che pure oggi sta accogliendo i profughi ucraini.
E allora la leader di Fdi non rinuncia a ricordare gli applausi di Letta alle «parole scandalose» (che ha detto di voler fare «sputare sangue» alla destra) del presidente della Puglia Emiliano. Passa sotto la lente del confronto l’alleanza con M5s, il governo Draghi, ma anche la leadership di Meloni contestata da Salvini e Berlusconi. Alla fine, però, si direbbe un pareggio.