La raccolta firme per il referendum sulla cittadinanza viaggia spedita sulla piattaforma del ministero della Giustizia e ha raggiunto quota 300mila sottoscrizioni. Oggi però la corsa si è arrestata per alcune ore, dopo che il sito dedicato è andato in tilt impedendo l'accesso a migliaia di cittadini. A denunciarlo pubblicamente è stato Riccardo Magi, segretario di PiùEuropa e tra i promotori della campagna referendaria. «Stavamo viaggiando a un ritmo di circa 10mila firme all'ora quando la piattaforma pubblica per la raccolta firme del ministero è andata in tilt… per le troppe firme - ha fatto sapere il deputato -. Da circa due ore migliaia di persone stanno provano a firmare senza successo, ricevendo messaggi di errore dalla piattaforma. Abbiamo immediatamente segnalato l'episodio agli uffici competenti e aspettiamo una risposta a breve. Resta però gravissimo che una piattaforma governativa, pensata per questo obiettivo, non riesca a tenere il flusso delle firme di queste ore». Il sistema è stato poi ripristinato e in una nota Via Arenula ha confermato il blocco causato da «una richiesta eccezionale di accessi che ha portato a oltre 60mila tentativi in un'ora». Lo stesso dicastero ha escluso «qualsiasi tentativo di hackeraggio».
Poco prima del ko del sito era stato ancora Magi a dare conto dello stato della raccolta firme: «Procede a una velocità impressionante grazie anche alla mobilitazione di tante personalità della cultura, dello sport, dello spettacolo, dell'accademia, del giornalismo: siamo a quasi 300mila sottoscrizioni che rendono l'obiettivo delle 500mila a portata di mano - ha dichiarato -. Questo dimostra due cose: primo, che c'è una volontà enorme di cambiare la legge sulla cittadinanza ingiusta, crudele e incivile. Secondo, che gli italiani sono molto più avanti dei vari Meloni, Salvini, Vannacci e Tajani che invece vorrebbero leggi più dure per chi è nato, cresciuto, istruito e vive stabilmente in Italia».
Intanto il Pd si muove sul fronte parlamentare e questo pomeriggio ha depositato alla Camera una proposta di legge per lo lo ius soli e per lo Ius culturae. Nel primo caso «richiedendo un anno di residenza legale per uno dei due genitori», ha spiegato la deputata e prima firmataria della pdl, Ouidad Bakkali, nel secondo si guarda invece ai «bambini che hanno fatto ingresso in Italia entro i 12 anni e che abbiano frequentato la scuola per 5 anni». Nel computo però, ha specificato la parlamentare, «si inserisce anche la scuola dell'infanzia e inoltre, allineandoci alla maggioranza dei paesi europei ge - scendono da 10 a 5 gli anni di residenza continuativa richiesti».
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