l trucco (politico) è antico e fa sempre il suo bell’effetto: utilizzare gli arrivi di immigrati nel nostro Paese per negare la necessità di una legge che riconosca come cittadino italiano chi qui è nato, o è cresciuto, e qui ha studiato, pur non avendo genitori italiani. Matteo Salvini, da leader navigato, sa come funziona e in questi giorni agostani di campagna elettorale permanente – un po’ per le amministrative d’autunno, ma soprattutto per marcare il suo territorio all’interno della maggioranza di governo cercando di non farsi erodere altri voti da Giorgia Meloni – sta battendo sul punto come un martello.
Bersaglio preferito: il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, che gli è succeduta al Viminale e che ha avuto l’ardire, agli occhi del segretario leghista, di dirsi favorevole a una legge su quello che, con una sintesi imprecisa, si definisce Ius soli. In realtà non è di Ius soli assoluto (cioè di diritto di cittadinanza per nascita) che in genere si discute, ma di un più strutturato Ius culturae o Ius soli temperato: diventa italiano, appunto, chi è cresciuto da italiano tra italiani, studiando nelle scuole e nelle università italiane, giocando nei campetti e nelle palestre del nostro Paese, guardando le serie tv in italiano e leggendo libri scritti in italiano. Così ieri Enrico Letta si è inserito nel dibattito per rilanciare la legge sulla cittadinanza, che per altro aveva annotato tra le priorità della sua agenda fin dalla sua nomina a segretario del Pd: «Trovo inaccettabile la reazione di Salvini alle parole del ministro Lamorgese», ha detto Letta. Spiegando poi che «la questione della legge di cittadinanza non ha nulla a che vedere con la questione degli sbarchi. Una legge di cittadinanza è una legge di civiltà fondamentale per il nostro paese».
Il numero uno del Pd sullo Ius culturae: «Non ha nulla a che vedere con gli arrivi di immigrati. Dobbiamo una risposta alle ragazze e ai ragazzi come il campione olimpico Fausto Desalu»
Ha quindi rilanciato la sua proposta: «Senza volerne fare bandiere ideologiche, apriamo subito, a settembre, un tavolo di discussione in Parlamento per trovare la migliore legge di cittadinanza da dare al nostro Paese. Bisogna dare una risposta a questi ragazzi e a queste ragazze che sono italiani a tutti gli effetti». Ragazzi come il campione olimpico Fausto Desalu – ha ricordato – «che è nato in Italia, è cresciuto qui, parla italiano perfettamente, è italiano dentro e ha cominciato a vincere per l’Italia dal momento in cui ha compiuto i 18 anni, perché prima era un apolide». In questa partita, il Pd troverà dalla sua parte la sinistra di Leu e i libdem di Italia viva, Azione e Più Europa. In Forza Italia si registrano voci diverse.
Nettamente contrari invece, oltre alla Lega, Fratelli d’Italia. Anzi, Giorgia Meloni trova «surreale e vergognoso che in una fase così delicata e complicata per cittadini e imprese, la sinistra al governo abbia come priorità lo Ius soli ». Decisivi saranno, quindi, i 5 stelle, che sul tema sono possibilisti ma non hanno ancora preso una posizione definita. La legge sulla cittadinanza, così, sarà un altro banco di prova per la faticosa alleanza Pd-M5s, che Letta ieri è tornato a difendere. Più per necessità che per convinzione: «Io sono molto pragmatico. La politica non è solitudine, o hai oltre il 50% da solo o devi costruire alleanze », ha infatti osservato.