A seguito dei drammatici fatti di cronaca verificatisi nelle ultime settimane in Puglia, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, ed il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, hanno deciso di rafforzare le iniziative di contrastodei fenomeni di irregolarità e delle criticità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo e che determinano rischi pesanti per la salute dei lavoratori, in particolare nella stagione estiva.I responsabili dei servizi prevenzione delle Asl, spiega una nota del ministero del Lavoro, saranno coivolti nelle attività di vigilanza già programmate e sulla base di intese preventive o prassi consolidate. L'obiettivo è quello di accertare e contrastare i fenomeni di caporalato, lavoro "nero" o irregolare, e di assicurare il rispetto delle condizioni di sicurezza in cui devono operare anche i lavoratori del settore agricolo. Settore per il quale sono già state programmate specifiche attività di vigilanza, partendo da una analitica mappatura delle aree geografiche che negli ultimi anni hanno fatto registrare la maggiore concentrazione dei fenomeni di irregolarità e delle criticità.
Altri 40.000 come Mohamed. Sono almeno
40.000, secondo la
Cgil, i braccianti stranieri che vivono in condizioni simili a quelle di
Mohamed, il sudanese di 47 anni morto per il caldo, mentre raccoglieva pomodori, il 20 luglio scorso. Sembrava impossibile che, nel
Salento, a pochi chilometri dalle spiagge affollate di turisti, un bracciante potesse morire di caldo per guadagnare 2 euro all’ora. Eppure, secondo i dati forniti dalla Confederazione italiana del lavoro, che sono stati incrociati con le statistiche ufficiali dell’Inps, con i dati degli ispettorati del Lavoro e con quelli raccolti quotidianamente sui campi, migliaia di migranti lavorano in condizioni ai limiti dell'illegalità, simili a quelle nelle quali è morto
Mohamed. Lo confermano anche le
verifiche effettuate a
Porto Cesareo dai carabinieri coordinati dalla Procura di Lecce, proprio sulla morte del bracciante, che stanno facendo emergere
diverse irregolarità nel modo di operare dell’azienda per cui lavorava. E’ ancora la
Cgil a chiedere di investigare la morte di una donna di 49 anni, in un vigneto di Andria, il 13 luglio scorso, che era stata attribuita, fino ad oggi, a cause naturali. Sembra destinata, infine, ad allargarsi anche alle condizioni di lavoro
dei braccianti impiegati da un'azienda di
Polignano che
commercializza uva, l'inchiesta sulla morte di un tunisino di 52 anni
avvenuta mercoledì scorso. Secondo
Yvan Sagnet , il consulente
della Cgil che, nel 2011, guidò la "rivolta" dei braccianti di
Nardò, i lavoratori illegali "sono prevalentemente immigrati di origine africana,
arruolati grazie all'intermediazione dei caporali, ai quali versano
una parte del guadagno giornaliero per pagare il trasporto nei campi,
il cibo e persino il posto letto". Il problema abitativo è l'altra faccia dell'emergenza dei
braccianti sempre secondo la
Cgil. In Puglia
circa 10.000 persone vivono nei ghetti, diffusi dal Gargano al
Salento, dove le condizioni di vita
sono disumane. A nulla sono servite, secondo il segretario regionale
Flai Cgil, Giuseppe De Leonardis, le politiche regionali contro il caporalato dello scorso anno.
"Non è stata fornita alcuna risposta immediata rispetto alle
questioni poste" dice De Leonardis. Secondo il sindacalista
al di là della programmazione per il prossimo anno, che si è discussa in un incontro in Regione in questi giorni, servono
risposte immediate sia in relazione all'assistenza abitativa
che allo stato di illegalità diffusa sul piano lavorativo.
Per questo la Cgil chiede "l'immediata attivazione
dell'Osservatorio regionale sul sommerso in agricoltura e
l'accentuazione delle misure ispettive e repressive".
Ieri, intanto, è emerso anche che 8 migranti di origine africana si erano
introdotti illegalmente in un casolare di campagna a Marina di
Ginosa, occupandolo e sono stati denunciati
per danneggiamento e occupazione abusiva.