venerdì 11 gennaio 2013
La decisione dei supremi giudici è stata motivata da un vizio di forma: il deposito delle carte processuali da parte del gup di Milano è avvenuto in due tempi a causa del malfunzionamento di una stampante. Gli imputati però restano in carcere.
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Era il maxiprocesso alla ’ndrangheta in salsa lombarda. Rischia di finire nel limbo della burocrazia giudiziaria, a causa di un vizio di forma con cui la Cassazione ha annullato il deposito delle motivazioni della sentenza con cui in primo grado furono condannate 110 persone. E ora gli avvocati difensori sono pronti a chiedere la scarcerazione dei presunti ’ndranghetisti.Il deposito delle motivazioni avvenne in due tempi, a causa di quello che parrebbe un errore tecnico. Ora sarà la Corte d’appello a dover valutare gli effetti sul processo di secondo grado che si sta svolgendo a Milano. Per il momento tutti gli imputati condannati in corte d’assise restano in carcere. La questione dell’annullamento della sentenza verrà sollevata oggi nell’udienza in Appello, che dovrà decidere quali effetti avrà.Il problema più grosso è che i termini di custodia scadono ad aprile. In teoria, a causa della decisione della cassazione, la scadenza per la scarcerazione verrebbe spostata in avanti, ma di certo non rimarrebbe molto tempo per celebrare un nuovo processo.La Suprema Corte – accogliendo il ricorso degli avvocati Manuela Caciuttolo, Raffaele Della Valle e Donatella Rapetti per conto di quattro imputati – ha annullato senza rinvio il provvedimento con cui il gup di Milano Roberto Arnaldi aveva integrato le motivazioni che nel primo deposito avevano un "buco" di 120 pagine. Il 4 giugno 2012 il gup di Milano, Roberto Arnaldi, aveva infatti depositato le motivazioni della sentenza, ma pochi giorni dopo era stato costretto a integrare il deposito perché, sembra a causa di un problema alla stampante, delle oltre 900 pagine ne mancavano 120, peraltro relative ad alcune cosche di ’ndrangheta in Lombardia, oltre che alcune essenziali argomentazioni sul trattamento sanzionatorio per gli imputati. Mancando di quelle integrazioni, perché ritenute inutilizzabili dalla Cassazione a causa del deposito ritardato (procedure non consentita dalle norme), la sentenza di primo grado resterebbe monca e perciò esposta ad essere "smontata" dalle difese nei gradi successivi.Nell’udienza di oggi nell’aula bunker di Milano (il processo si svolge con rito abbreviato e a porte chiuse) le difese chiederanno l’annullamento del verdetto di primo grado e le scarcerazioni. Le motivazioni della Cassazione, però, saranno depositate nei prossimi giorni e prima di allora la corte d’appello non potrà decidere su da farsi. Da quanto si è appreso da fonti legali e giudiziarie, il caso che dovranno risolvere i giudici della Corte d’Appello risulta, in sostanza, senza precedenti specifici. Tra le ipotesi, c’è la possibilità che i giudici possano annullare la sentenza di primo grado, oppure sanare essi stessi il difetto delle motivazioni.

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