Il lessico non è quello elaborato e a tratti ermetico delle vecchie Brigate Rosse. Perfino la scelta di indicare i nomi delle persone nel mirino è alquanto stramba, consentendo alle possibili vittime di venire protette dallo Stato. Ma le minacce espresse dal sedicente Nucleo operativo armato (Noa) non sono da prendere sottogamba, assicurano gli analisti dell’antiterrorismo. E come se non bastasse, si scopre che anche la ’ndrangheta non è stata a guardare. Più volte i clan hanno tentato di infiltrarsi negli appalti, approfittando anche del clima di disordine creato dai No-tav.Ma è sulla sigla "Noa", già apparsa in alcune scritte murali in Piemonte e in altre regioni del Nord, che si concentra l’azione degli investigatori. Gli analisti dell’antiterrorismo ritengono che, per quanto grezza, l’analisi politica espressa dagli autori del volantino non sia frutto di una mera scopiazzatura, ma esprima una posizione politico-militare precisa. Il testo del Noa, con i suoi accenni a «tribunali rivoluzionari», alle «coscienze proletarie» e ai «governi di padroni», scimmiotta riferimenti culturali e ideologici dei vecchi arnesi dell’insurrezionalismo. Ma non per questo non viene preso sul serio. «Dagli ambienti dell’antagonismo e dell’anarchismo più radicale arrivano – spiegano fonti investigative – segnali da non trascurare. Negli ultimi mesi sono stati manifestati ripetutamente propositi di inasprire il confronto». C’è la volontà di agitare le acque. Di alzare il livello dello scontro proprio in Val di Susa, in questi anni diventata l’accademia della nuova eversione interna.Nei mesi scorsi, peraltro, fu notata una coincidenza. I fondatori delle cosiddette nuove Brigate Rosse, dal carcere in cui si trovano fecero uscire un documento a sostegno delle falangi violente dell’area No-tav. Il testo era firmato da Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, i due capi del "Partito comunista politico-militare". Il documento, però, conteneva interi spezzoni ripresi da un’analisi pubblicata tempo addietro da "Operai Contro". Si tratta di una sigla minore della galassia insurrezionalista, da cui arrivano proclami livorosi: «I padroni e i politici devono iniziare ad avere paura: gli operai scendono in piazza a protestare». E ancora: «Facciamo vedere i sorci verdi ai padroni, al Pd di Letta (quand’era ancora premioer, ndr), agli amministratori e ai fascistelli che li hanno protetti fino ad oggi». Alcuni inquirenti non sottovalutano anche un’altra possibilità. Ad avere interesse nel creare disordine in Val di Susa c’è anche la ’ndrangheta. Un’ipotesi che sembrava remota ma che nei giorni scorsi è stata rilanciata da un dossier investigativo. La Direzione distrettuale antimafia di Torino ha avviato «un’attività preventiva» coinvolgendo le «questure presenti sul distretto, nonché i comandi provinciali di Carabinieri e Guardia di finanza». Lo rivela la relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. Obiettivo: avviare il monitoraggio «su possibili atti di intimidazione che possano costituire spie, secondo l’esperienza acquisita, di reati di matrice mafiosa (minacce di vario genere, danneggiamenti specie nei cantieri, incendi, pestaggi ed altro)». E accanto alle azioni di disturbo dei militanti che contestano la costruzione della linea ferroviaria, «sono già scaturite notizie di reato dalle prospettive di approfondimento favorevoli».La ’ndrangheta è particolarmente attiva, in una zona dove più volte si erano stabiliti alcuni pericolosi latitanti. Particolare attenzione «è ovviamente rivolta a quanto accade nei territori in cui sono in corso o da avviare importanti e lucrosi lavori, quali quelli per la Tav in Val di Susa, ma anche altre grandi opere come il tunnel di servizio del Frejus e le opere del terzo valico per la Liguria».