venerdì 16 novembre 2012
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​«È facile dire le cose dopo...». Scuote la testa il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, davanti alla selva di microfoni dei cronisti. Sono le undici del mattino e in via Nazionale è in corso un convegno dell’Associazione nazionale funzionari di Polizia. Si parla di «legalità e credito», ma è inevitabile per il ministro tornare sulle scene di guerriglia urbana avvenute mercoledì in diverse città: «La situazione non era semplice - ragiona la Cancellieri - tutta Italia ieri bolliva. È facile dire le cose dopo, ma dobbiamo pensare che gli agenti hanno operato in condizioni difficili e complesse...». A chi avanza critiche sull’operato di poliziotti e carabinieri, in riferimento a immagini che mostrano agenti nell’atto di manganellare persone non in condizione di nuocere, il ministro fa notare: «Intanto, vorrei esprimere solidarietà alle forze dell’ordine che hanno avuto dodici feriti complessivi, alcuni gravi. Poi aggiungo: una foto è spesso l’effetto finale di qualcosa che magari si è svolto prima. Io porterei anche le foto del poliziotto cui hanno spaccato il casco in testa: foto per foto, parliamone...». Sulla difficoltà di gestire l’ordine pubblico in situazioni estremamente "dinamiche", il ministro fa un’ulteriore considerazione: «Ci sono state manifestazioni in tutta Italia, con cortei che non hanno seguito i percorsi prestabiliti, ma sono andati altrove. Non era semplice. Tutto si può fare meglio, ma vorrei che le cose venissero viste con serietà per ciò che sono».Resta il nodo dei percorsi dei cortei: è davvero necessario che attraversino, ogni volta, i centri cittadini, paralizzandoli ed esponendo inermi passanti al rischio di trovarsi in mezzo agli scontri? Il sindaco di Roma chiede di regolamentare le manifestazioni nella capitale. Il ministro riconosce: «Chi fa manifestazioni le faccia in maniera libera, ma secondo le disposizioni date. Alemanno ha ragione, perché tutto poi cade su Roma, ma la Capitale è la Capitale». Nel frattempo, gli analisti della Polizia di prevenzione cercano di mettere a fuoco il magma sociale dal quale provengono i giovanissimi protagonisti delle violenze. «Mi si chiede a quale area appartengano - argomenta il capo della Polizia, Antonio Manganelli -. Rispondo: sono sedicenni con una forte carica di rabbia. Come si fa a dire a quale matrice appartengano? E comunque dobbiamo cercare sempre il dialogo, anche con loro».
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