domenica 14 novembre 2021
Asiatici e africani ogni notte tentano il passaggio, via mare o su treno e terra, verso le bianche scogliere di Dover. Oltre 200 le persone morte negli ultimi venti anni
Un piccolo accampamento di migranti alle porte di Calais

Un piccolo accampamento di migranti alle porte di Calais - Ansa

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Per le strade e i moli cittadini, attorno al porto dei traghetti per l’Inghilterra cinto di filo spinato o lungo i canali, si aggirano con i loro zaini in gruppi di quattro, cinque, talora d’una decina. Camminano piano, sostando sotto le pensiline e scrutando l’enorme torre campanaria del Municipio che pare una cugina francese del mitico Big Ben. Sono arrivati a Calais per il game e dunque le ore diurne contano meno. Lo sanno bene i poliziotti e gendarmi di pattuglia, in bici o a piedi. Per questo, quando incrociano un gruppo di esuli asiatici o africani in centro, gli agenti ostentano talora indifferenza. Hanno soprattutto l’ordine di disperdere ogni potenziale accampamento. Perché in città, la linea del prefetto è chiara: con le buone o le cattive, cancellare il ricordo della Jungle, come i candidati al gamechiamavano la baraccopoli fra la sterpaia a ridosso del porto che si era ingrossata come una bolgia fino ad accogliere 10mila persone, prima d’essere smantellata nel febbraio 2016.

Ad appena una trentina di chilometri dalle abbaglianti scogliere di Dover, Calais è il teatro d’infiniti traffici. Per questo, la calma che vi regna in certe ore del giorno pare un capolavoro di dissimulazione. O 'd’ipocrisia', secondo le associazioni umanitarie. Tanto più in questo mese di novembre, con picchi storici di traversate: fino a un migliaio a notte. Ma nel tardo pomeriggio, attorno al camion della Refugee community kitchen, dove i volontari d’ogni Paese europeo distribuiscono centinaia di pasti caldi di riso, pollo e verdure, l’incantesimo si spezza, consentendo scambi più veri. «Guerra e poi guerra, sempre. Non l’hai vista in tv? Per questo, ho lasciato i miei per andare in Inghilterra, dove ho conoscenti e c’è lavoro», ci dice Pyz, trentenne uzbeko d’etnia pashtun in fuga dall’Afghanistan settentrionale: «Non mi spiace dormire con gli altri nelle 'giungle' attorno alla città. Ho già provato con i camion, ma è pericoloso. Controlli dappertutto. Comunque, sono pronto, ci riuscirò, anche se ho paura del mare».

Scherza con due bottigliette d’acqua che ha recuperato, una per mano, mimando le parabole di razzi che scavalcano la Manica. Forse non sa che attorno a Calais, durante l’ultima guerra mondiale, gli occupanti tedeschi costruirono le basi di lancio dei V1 e V2, puntati su Londra. Ma i gesti lenti di Pyz profumano di speranza, ricordando quasi gli arcobaleni di Calais, considerati qui i più belli di Francia, capaci persino di far accostare certi automobilisti sulle autostrade verso il vicino Belgio. Di notte, fra le dune sabbiose di tutta la Costa d’Opale, i bunker di quello che fu il 'Muro dell’Atlantico' nazista restano minacciosi. Tanto più se brillano di colpo nella foschia, sotto il fascio rapido irradiato dal faro sopra il Capo del Naso Grigio.

Verso le 4, ci appostiamo all’imbocco dello spiaggione di Wissant, da cui sono già partiti pure valenti nuotatori pronti a coprire i 28 km nella massima strettoia del Channel. Qui, si segnalano di continuo nuovi aspiranti al game, davanti a un mare scuro su cui scivola un muto carillon luminoso di petroliere. All’improvviso, sopraggiunge in auto una pattuglia di gendarmi. Scendono puntando per qualche secondo grosse lanterne sulla spiaggia. Poi, ripartono fra i tornanti dietro le dune, per continuare le perlustrazioni. Attendiamo ancora, scrutando con un binocolo, fin quando delle esili luci si staccano veloci oltre il capo. Dei gommoni del game? Difficile dirlo, per via della foschia, ma è una delle ore privilegiate dai passeur per trasportare gli esuli proprio in mezzo al canale, appena oltre la frontiera marittima inglese, dove potranno chiedere aiuto ai soccorritori britannici. Riprendiamo la provinciale litoranea 940, dove quasi a ogni ora del giorno e della notte incroci gruppetti di esuli in marcia, spesso con una o due grosse sporte da supermercato in spalla, oltre all’immancabile zaino.

Ci fermiamo a discutere con un gruppo giunto dal Sud dell’India. Il più loquace è Krish, sulla quarantina, capace ancora di ridere nonostante un probabile game appena fallito: «Faccio il tecnico meccanico, ho due figlie e dalle mie parti stentavo a vivere. In Europa, ci sono opportunità e resto ottimista. Incontro gente gentile. La comunità indiana mi ha dato una mano in Francia, ma dall’altra parte è un’altra cosa. Puoi lavorare davvero. Ce la farò, lo so, sono un essere umano che vuol sopravvivere come gli altri». Giungiamo all’alba sulla vasta Baia di Slack, impressionante labirinto di dune colonizzate dai passeur. «Guardi là, un clandestino», ci dice un poliziotto, puntando il dito sulle cime, dove compaiono a intermittenza profili sfuggenti: vedette ingaggiate dai passeur per studiare di continuo i movimenti delle pattuglie. Sulla spiaggia, giacciono i resti degli ultimi tentativi di traversata: carcasse di gommoni, motori ad elica, pompe di gonfiaggio, berretti di lana, gilet di salvataggio, incarti di cioccolato. I passeur di varie nazionalità hanno 'lottizzato' la costa, mettendo su un ingegnoso sistema: i gommoni comprati in Belgio e Germania vengono seppelliti fra le dune e gonfiati all’ultimo momento.

Occorre un minuto per far traversare la spiaggia agli aspiranti del game, che pagano anche 2.000 euro. Di questi scatti degni d’una partita di rugby, le ronde di agenti sono spesso spettatori impotenti, ritrovandosi sotto fitte sassaiole dei 'servizi di scorta' avversi. «L’immigrazione deve adattarsi ai bisogni francesi», martella il presidente della regione di Calais, il neogollista Xavier Bertrand, considerato un serio rivale per scalzare il presidente Emmanuel Macron, il prossimo aprile. Ma sulla Costa d’Opale, tanti ridono di simili proclami. Così come della furia esibita dai britannici, sempre più inclini ad accusare la Francia di non far molto per ostruire il “collo di bottiglia” di Calais, sullo sfondo delle tensioni bilaterali sui nodi post-Brexit come la concessione delle licenze di pesca ai bastimenti francesi.

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