mercoledì 15 giugno 2011
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Umberto Bossi non rompe, ma rispolvera la Lega di lotta. La base che protesta, e che potrebbe farsi sentire a Pontida, diventa per lui una risorsa, un ritorno all’antico, al ruolo che predilige, alla mediazione fra i "fucili" e le aule parlamentari. Chi ha parlato con Umberto Bossi dà per certo che, anche se sarebbe tentato, non ha in testa di rompere, facendo prevalere un fattore amicale prima ancora che di coerenza. Così, dopo il campanello d’allarme che aveva suonato («o si cambia rotta o meglio il voto») è proprio Roberto Maroni, certo il più critico nello stato maggiore del Carroccio, a lanciare stavolta messaggi distensivi: «Mia nonna diceva che uno sberlone fa male ma a volte fa rinsavire, prendere coscienza ed aprire gli occhi», dice il ministro dell’Interno, riprendendo l’immagine delle sberle evocata da Roberto Calderoli.Pontida (in programma domenica) si avvicina. E i fischi, ormai non sono solo preventivati: ora vengono anche monitorati e persino, in prospettiva, monetizzati. Non a caso Bossi tace e passa la parola alla base. Fioccano anche iniziative non autorizzate come quella sul sito ufficioso, e semi-dissidente, Padania.org, nel quale un sondaggio chiede "che fare" dopo la sconfitta alle amministrative E le opzioni offerte al popolo padano sono da brivido. La prima: «Vuoi che Bossi lasci la guida del partito». Oppure (due): «La Lega lasci Berlusconi». O anche (tre): «La "vecchia" Lega sia rifondata con volti nuovi». Infine: «La Lega ha tradito la base, questa Lega deve morire».Il gioco del Carroccio, che non vuole subire, anzi è pronto a "usare" la protesta della base, è sempre più scoperto. Anche il governatore Luca Zaia parla di amministrative e referendum come di «segnali incontrovertibili», e avverte che «sarà la gente a indicarci che cosa fare con la verifica del 22 giugno». Per il sindaco di Verona, Flavio Tosi, il successo dei referendari è dipeso anche da voti dati contro Berlusconi. «Siamo stufi di prendere sberle - dice anche lui -. I cittadini si sono stufati di sentire parlare di toghe rosse, bunga bunga e questioni che alla fine non sono nell’interesse collettivo».Ma se non è rottura, lo sfilacciamento (dal decreto sviluppo ai rifiuti, dalla riforma fiscale al bonus in graduatoria per i docenti del Nord) è già un fatto, con tutt’un fiorire, uno dopo l’altro, di distinguo, fughe in avanti, ultimatum e altolà. I pacieri, però, non si danno per vinti, da una parte e dall’altra. «No ad esecutivi di Palazzo», dice il capogruppo alla Camera della Lega Marco Reguzzoni, in parziale disaccordo - e non sarebbe la prima volta - con Maroni che non aveva parlato esplicitamente di governi tecnici, ma neanche aveva escluso del tutto l’ipotesi quando aveva teorizzato. «Tutto, tranne che tirare a campare». «Non temo Pontida, credo che ci si arriverà con un confronto preventivo tra noi e la Lega», dice il capogruppo al Senato Gaetano Quagliariello. «Non c’è da temere qualcosa da chi è stato finora un alleato fedele», rassicura.Ma nel Pdl crescono i sospetti, e c’è chi non le manda a dire. «Basta sberle, lo dico anch’io, ma bisogna anche vedere da chi sono venute, perché secondo me ne abbiamo prese tante anche per colpa della Lega», dice il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan, vessillifero del Pdl padano che non si piega allo strapotere del Carroccio. Ma in vista di Pontida i segnali, nel Pdl, arrivano anche dalla Capitale: «Lancio un avviso molto chiaro ai naviganti», dice il sindaco Gianni Alemanno. «Da Pontida non esca fuori una provocazione contro Roma perché reagiremo con estrema durezza». Alemanno avverte: «Seguiremo con molta attenzione e non accetteremo nessuna forma di provocazione perché su questo la misura è ampiamente colma. Non è solo la Lega che può porre condizioni ma c’è anche un partito romano e una realtà laziale che può fare altrettanto», conclude il sindaco, a dimostrazione che la tregua siglata in piazza Montecitorio a base di rigatoni è solo un ricordo lontano.
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