L'ordigno scoppiato domenica all'alba contro la procura generale di Reggio Calabria non può essere il frutto di un solo clan, ma della decisione collegiale di tutte le cosche. Lo sostiene il Procuratore generale della repubblica di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. «In Appello si sistema tutto». Era questa la convinzione delle cosche della 'ndrangheta venuta fuori in numerose dichiarazioni di pentiti e anche in diverse intercettazioni telefoniche. Questa convinzione è sottolineata anche da Di Landro che ha dichiarato: «Forse qualcuno si era illuso che tenessimo un profilo più basso, cosa sbagliata, perché noi non ci arrendiamo mai». E invece «i criminali sono portati a pensare che nel processo d’appello le cose si sistemano, quando questo non avviene, quando anche qui si rendono conto che i processi vengono trattati con pari impegno, qualcuno può avere la tentazione di reagire». Sulla matrice dell'attentato il Pg è chiarissimo: «Le cosche tradizionali si dividono il territorio - dice Di Landro - con una capillarità impressionate, quindi sappiamo bene qual è il confine della giurisdizione tra due clan. In questo caso - però - visto che hanno colpito le istituzioni la decisione deve essere stata presa collegialmente da tutte le 'ndrine della zona».
Le indagini e la targa. Intanto proseguono le indagini sull'attentato. Le telecamere a circuito chiuso avrebbero ripreso la targa dello scooter usato dalle due persone che domenica mattina hanno piazzato l'ordigno, ma secondo quanto si è appreso non sarebbe distinguibile. Contrariamente a quanto riferito in precedenza, infatti, la targa è stata contraffatta per renderla illeggibile. I carabinieri stanno approfondendo, comunque, l'esame delle immagini riprese dalle telecamere alla ricerca di qualsiasi particolare o indizio utile per le indagini. Si stanno valutando, comunque, le loro caratteristiche corporali dei due attentatori per metterle a raffronto con quelle di persone schedate dagli investigatori come affiliate alla 'ndrangheta. I carabinieri del Reparto operativo di Reggio Calabria stanno svolgendo gli atti urgenti e ne trasmetteranno i risultati alla Dda di Reggio Calabria. Dopo la loro valutazione si deciderà quando trasmettere il fascicolo alla Procura antimafia di Catanzaro, competente sui procedimenti riguardanti i magistrati del Distretto di Corte d'appello di Reggio Calabria.
L'appello di monsignor Mondello. L'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Vittorio Luigi Mondello, ha intanto rivolto un appello contro gli autori dell’attentato al Tribunale del capoluogo calabrese. «I mafiosi cambino la loro vita presente - dice il prelato alla "Radio Vaticana" - e abbiano anche uno sguardo verso il futuro. Non pensare cioè a star bene soltanto domani o dopodomani, ma pensare che il Signore chiamerà a render conto delle proprie azioni. Si impegnino quindi, guardando al futuro, al futuro escatologico, alla fine della propria vita e si preparino sin da questo momento a quell'incontro rinnovandosi, chiedendo perdono e cercando di non essere antisociali ma al servizio dei fratelli».