martedì 26 gennaio 2010
Dimissioni in Consiglio comunale: «La città viene prima di tutto». E adesso si rischia un commissariamento lungo più di un anno. L’ex premier: ora sarà più libero e potrà mostrare l’estraneità fatti. Il Pdl: i giudici avrebbero dovuto indagare prima.
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Il sindaco di Bologna Flavio Delbono, indagato per peculato, abuso d’ufficio e truffa aggravata, ha annunciato ieri in Consiglio comunale l’intenzione di dimettersi. È l’epilogo politico di una "storiaccia", il "Cinziagate", di soldi pubblici e di interessi privati: viaggi all’estero con la segretaria e compagna Cinzia Cracchi, quando Delbono era vicepresidente della Regione (lui in missione, lei in ferie) misteriosi bancomat di amici compiacenti, incontri, già nei panni di indagato, con la sua ex. Una vicenda che ieri ha definitivamente travolto Delbono. È Alfredo Cazzola, suo sfidante al ballottaggio nelle elezioni amministrative dello scorso anno, a tirare in ballo per primo l’ex compagna di Delbono. La Procura apre un’indagine  A fine settembre viene chiesta l’archiviazione. Poi all’improvviso la svolta. Il gip Giorgio Floridia respinge la domanda e ordina un supplemento di indagini. Sabato scorso Delbono viene ascoltato per cinque ore in Procura. Esce apparentemente rasserenato. «Ho chiarito tutto» dice. Poi si precipita negli studi dell’emittente televisiva è-tv dove lancia due messaggi. Il primo  «Anche in caso di rinvio a giudizio non mi dimetterò. Non sono ricattabile perché so perfettamente cos’ho fatto, so di avere sempre rispettato le leggi e speso bene le risorse pubbliche». Il secondo è  un’ammissione. «C’é stata una leggerezza da parte mia nell’avvicinare l’attività professionale con la vita privata».Poi una domenica bollente tra gli imbarazzi del Pd e l’ira dell’Italia dei valori. E infine la decisione annunciata ieri verso le 13 ai capigruppo della maggioranza e ufficializzata poco dopo le 15 nell’aula del Consiglio comunale. «Ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica» dice nel suo breve discorso. All’origine della sua decisione, il fatto che «i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco». E per motivare il cambio di rotta  rispetto all’intenzione di non dimettersi nemmeno in caso di rinvio a giudizio aggiunge: «La storia di questa città e la lunga tradizione di impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto alle altre città. Bologna per me viene prima di tutto».«Per senso di responsabilità – prosegue – sceglierò modi e tempi che dovranno tener presente i temi prioritari della città a partire dal fatto che nei prossimi giorni inizierà in aula l’esame per la discussione del bilancio 2010». Poi l’incontro con i giornalisti in Sala Rossa. «Penso di aver fatto la cosa giusta», dice il sindaco a proposito delle sue dimissioni. Ribadisce  più volte che non c’é stato nessun contatto con la segreteria nazionale del Pd («mai sentito Bersani»). Rispetto al sostegno da parte del suo partito, aggiunge «non mi aspettavo né di più né di meno». Escludendo categoricamente di essere vittima di un complotto politico. E conclude con una frecciata sui rapporti tra magistratura e politica. «Mi dispiace che le modalità con cui chi fa politica deve difendersi in occasioni giudiziarie, renda difficile governare e questo secondo me deve far pensare un pochino in generale, al di là della mia vicenda personale».Sul Comune di Bologna c’é adesso lo spettro del commissariamento per oltre un anno. Se Delbono rassegnerà infatti le dimissioni dopo l’approvazione del bilancio non ci saranno infatti i tempi tecnici, previsti dalla legge, per andare alle urne nella primavera del 2010 (nel turno elettorale che sarà fissato fra il 15 aprile e il 15 giugno) e la scelta del nuovo sindaco dovrà inevitabilmente slittare alla primavera del 2011. A meno che non sia emanato dal governo un apposito decreto che accorci i tempi.
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