Lunghi momenti di tensione l’altra sera, alla Festa dell’Unità di Roma, alle Terme di Caracalla, con Rosy Bindi più volte interrotta da un gruppo di contestatori che le addebitavano la responsabilità di aver ostacolato i matrimoni gay. «Sono vietati dalla Costituzione, l’ha sancito la Consulta», spiegava la presidente del partito. «Non è vero», replicava un contestore, in piedi. «Facendo così non otterrete mai niente», contrattaccava dura la Bindi difendendo il documento della commissioni diritti civili e approvato a larga maggioranza in Assemblea nazionale. E ricordando di averci «messo la faccia» su questo controverso tema, da molto tempo. «Non c’entra il fatto di essere cattolica», provava a stemperare Bindi. «Noo», scattavano le ironie sparse di contestatori stavolta "non organizzati", col moderatore Federico Geremicca che faticava a moderare le contestazioni. Fino a che, dopo oltre un quarto d’ora, con un paio di robusti applausi della larga maggioranza della platea, Bindi ha potuto rivendicare il valore del dialogo interno. «Se c’è invece chi pensa di confinarmi a "cattolica indipendente" si illude, il nostro partito non è così». E quella proposta «chiude, non apre, il dibattito, come è stato detto, è un anno che ci abbiamo lavorato». Cosicché il modello tedesco per i gay, avallato anche da Bersani, che non è matrimoniale e riconosce diritti essenzialmente sul piano mutualistico, sembra ottenere l’adesione di una grossa fetta del Pd. Segnali espliciti in vista della direzione del partito. D’accordo si dice anche Beppe Fioroni: «Può aiutarci a una soluzione condivisa, perché circoscrive i soggetti a cui l’istituto giuridico fa riferimento».