mercoledì 18 maggio 2011
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L’applauso di Walter Veltroni spezza l’ultimo dubbio: il Pd è compatto e nella vittoria delle amministrative si sente autorizzato a guardare al dopo-Berlusconi, invocando le urne. Pier Luigi Bersani sale sul podio del vincitore, fiducioso che «questo vento non calerà ed è destinato a intensificarsi» e pronto a guardare avanti, con la prospettiva del voto anticipato. «La realtà è che non reggono fino al 2013 – azzarda il segretario democratico – e se non sono in grado si vada a votare».Così il giorno dopo il risultato della sbornia, i vertici del Partito democratico si riuniscono a Largo del Nazareno per fare un’analisi a freddo del voto e guardare ai nuovi scenari che si aprono, con le alleanze da vagliare nell’immediato e per il futuro prossimo. E, dopo aver ascoltato il segretario, a rompere gli indugi nel coordinamento è proprio l’avversario interno di Bersani, quel Veltroni che aveva chiesto una verifica della linea post-voto. «Sono stato io stesso a chiedere un applauso e a dire che era inutile il dibattito perché condividevamo tutti la relazione del segretario», racconta l’ex sindaco di Roma.E nel suo bilancio, Bersani traccia anche le linee da seguire. «Laddove si può vedere il risultato di partito – spiega - , si vede nettamente un Pd in buona salute, che emerge sia come punta sia come centrocampo della coalizione», qualche volta anche «compensando qualche debolezza altrui». Ed è proprio questo partito a essere chiamato a condurre i giochi. Non solo nell’immediato per i ballottaggi, considera il leader pd, che valuta le possibili alleanze. L’appello è ancora una volta a quel Nuovo Polo che vuole essere decisivo, al quale manda a dire che «l’estremismo è nel centrodestra». Il punto è che gli apparentamenti non servono solo per l’oggi, ma anche per un probabile nuovo scenario di voto, sebbene Bersani registri il diverso atteggiamento di Berlusconi che – al contrario di quanto fece D’Alema – «avrebbe dovuto già dimettersi», ma non lo ha ancora fatto.E qui il segretario del Pd non si lascia andare a facili conclusioni. Piuttosto invita il suo partito a stendere un programma, prima di aprire il capitolo delle possibili coalizioni. Comunque, di alleanze si occuperà la direzione a metà giugno, annuncia il segretario democratico. L’importante sarà «non cadere negli errori che anche noi abbiamo fatto». Il pensiero va «all’esperienza dell’Unione che non è stata nel ricordo tutta positiva, anche se per qualche scelta di governo andrà rivalutata». Il numero uno del piddì trova allora «il modo per non cadere nei limiti del passato» e cioè «partire da una decina di riforme e su queste acquisire una disponibilità a discutere con le forze di centrosinistra che hanno intenzione di governare».Solo allora Bersani, che si dichiara sempre disposto a correre per la premiership, vedrà come orientarsi per venire incontro agli alleati. Il leader del Pd parla di una «convergenza anche tra diversi che prendono patto impegnativo per il Paese. Gli italiani sono stufi di politicismi, vogliono sapere cosa si deve fare».I ragionamenti che vincono convincono il vertice, nel quale presto arriverà anche Chiamparino. «Bisogna dare atto che, anche superando mesi difficili, Bersani ha portato il Pd a un risultato positivo», commenta Dario Franceschini. Ma restano le preoccupazioni di Renzi, che concede la vittoria al segretario e concorda con preoccupazione sulla necessità di converegere su punti programmatici. Niente apparentamenti con i "grillini" per «recuperare voti: occorre riscoprire la fatica di fare proposte».
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