«Siamo passati dal buio al buio pesto. L’Ilva, con i suoi lavoratori e lavoratrici, e la città di Taranto meritano un altro trattamento. L’Italia stessa rischia di perdere il treno della ripresa del mercato dell’acciaio a livello internazionale». Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim Cisl, è deluso dall’ennesimo capitolo sul polo siderurgico pugliese.
Come giudica questa situazione?
Stiamo assistendo all’ennesimo scaricabarile: è quasi uno sport nazionale. Dopo 14 me- si (il decreto è del 5 giugno 2017) dall’aggiudicazione della gara l’Anac ha rilevato alcune criticità. In base alla normativa vigente, eventuali irregolarità non bastano a far scattare un annullamento automatico, ma la valutazione spetta solo all’amministrazione: è il ministero dello Sviluppo economico, che ha gestito il procedimento, che deve valutare se è preminente l’interesse pubblico, ad annullare la gara e il suo esito. E invece il governo ha scaricato sull’Avvocatura dello Stato. Dopo Tar, Anac, Europa e Avvocatura, restano Onu, Aia per poi capire che non si governa scappando dalle responsabilità. La cosa singolare è che il governo precedente aveva inserito Cassa Depositi e Prestiti nella cordata che ha perso, per cui mi sembra singolare che li si accusi di parzialità in favore di Arcelor Mittal.
Ma non avevate già messo in guardia da questi pericoli?
È vero. Ma non spetta al sindacato valutare la regolarità dei procedimenti. Noi avevamo chiesto tempi rapidi per la bonifica e la riattivazione degli altiforni per evitare il taglio del personale e li stavamo affrontando nel negoziato sindacale. Quello che chiediamo al governo è di non far trascorrere altro tempo e di prendere una decisione. Ulteriori ritardi continuano a essere pagati dai lavoratori e dai cittadini e allontanano le possibilità di rilancio e ambientalizzazione.
Piano ambientale, scadenze intermedie e rilanci finali sono finiti nel mirino di Mise e Anac...
Erano tutti problemi che avevamo già sollevato. Invece in questi mesi abbiamo dovuto registrare gli scontri politici tra Regione Puglia e governi precedenti, in cui la prima si è divertita a sabotare ogni passo in avanti. I nostri richiami sono sempre stati riguardo al dare un maggior credito a chi offriva più garanzie in termini di conservazione dei posti di lavoro e tutela dell’ambiente e Jindal non dava maggiori garanzie e chiedeva di ridurre i salari.
Cosa succederà ora?
C’è il rischio concreto dell’annullamento della gara. Ma questo non è governare. Un esecutivo che si dice sovranista dovrebbe avere a cuore le sorti del maggiore stabilimento siderurgico italiano. L’impianto è sempre più pericoloso. Le ditte in appalto stanno licenziando. E i circa 11mila dipendenti temono per il loro futuro. Non si può pensare di trasformare questa realtà produttiva in un parco. Deve tornare al più presto a produrre acciaio.
Che cosa proponete?
Già la settimana prossima ci mobiliteremo. Coinvolgeremo tutte le organizzazioni sindacali in questa lotta per la sopravvivenza dell’Ilva di Taranto. Lotteremo fino in fondo per conservare le migliaia di posti di lavoro. Così si va verso la chiusura dello stabilimento. Bisogna fare presto. Non possiamo far pagare l’incompetenza e la codardia istituzionale ai dipendenti.